"Zaki simbolo della lotta per i diritti. Ci siamo ritrovati uniti intorno a lui"

ll cardinale Zuppi: "È cristiano, ma non è questo il punto. Grazie a Patrick Bologna si è riscoperta comunità". Il rettore Molari e il sindaco Lepore: "Continuiamo la battaglia fino a quando non sarà prosciolto"

Patrick Zaki in Piazza Maggiore

Patrick Zaki in Piazza Maggiore

La ‘nonna’, 33 quintali e 427 anni di età, aspetta di essere lasciata cantare nella cattedrale di San Pietro, a pochi passi dalle Due Torri: servono ventitré marcantoni per smuoverla. E’ la campana più grande: "Per ora suoniamo il cuore, si sentirà comunque", dice il cardinale Matteo Zuppi. Chissà quando Patrick Zaki potrà sentire la campana. E i cuori: "E’ un nostro figlio. E fratello. Lo aspettiamo", continua don Matteo, come tutti lo chiamano qui. Dal primo giorno Bologna s’è mobilitata per il suo studente. Comune, Università, Diocesi, associazioni, studenti, normali cittadini. Pochi conoscevano il master Gemma, il primo Erasmus che si occupa di studi di genere. "Non ci fermeremo finché non sarà assolto", dice la prof Rita Monticelli. E non è un caso che nelle imperiose aule nel cuore dell’Alma Mater, così come fra i gargantueschi grattacieli medievali di Asinelli e Garisenda, ma anche in Piazza Maggiore, o nei centri sociali della periferia, s’incontri l’immagine (sagome di cartone, striscioni, maxi pannelli) di un ragazzo coi riccioli e la barbetta, avvolto da un filo spinato disegnato da Gianluca Costantini. Da sconosciuto ad amico. "Continuiamo a lottare", dicono il rettore Giovanni Molari e il sindaco Matteo Lepore.

AGGIORNAMENTO Patrick Zaki scarcerato: è libero lo studente dell'università di Bologna

Cardinale Zuppi, Zaki sarà scarcerato.

"E’ una grandissima gioia".

Fin dall’inizio lei ha seguito le vicende dello studente. Come mai?

"La detenzione era un grande dolore per tutti. Ora non abbiamo risolto tutto, anzi. Ma la città e la gente di Bologna sperano sia fatta giustizia. Al più presto".

Zaki è stato nei pensieri dei fedeli.

"Abbiamo pregato per lui. E per tutti coloro che nel mondo si trovano in condizioni di difficoltà e restrizione delle libertà personali. In un certo senso, Zaki è un simbolo. La Chiesa lo ha seguito con attenzione".

Perché è un cristiano?

"La sua famiglia è cristiana copta. Ma questo non cambia nulla: anche se fosse stato di un’altra religione, avremmo messo la stessa attenzione".

Uno degli articoli di Patrick di cui si è parlato molto, riguarda proprio i problemi dei cristiani copti in Egitto.

"Quello che è davvero encomiabile in Patrick è l’attenzione agli ultimi. L’impegno per l’uguaglianza. Uno stimolo per noi. Porto sempre la sofferenza di Patrick nel mio cuore, è un cittadino di Bologna, è nostro fratello".

Attorno a Zaki si è stretta un’intera comunità.

"Vicinanza. Amore. Fratellanza. E’ entrato dentro ciascuno di noi. Zaki è un ragazzo. Ma ci ha dimostrato una cosa".

Cosa?

"Quanta solidarietà possa muoversi attorno a una vicenda di giustizia. Perché qui parliamo di giustizia, è incontrovertibile: non ha lasciato nessun cuore freddo, non ha lasciato nessuno indifferente. Ci ha fatti riscoprire comunità, uniti".

L’attesa, le torture, la violenza psicologica, le vessazioni, i tempi infiniti: c’è qualcosa di Giobbe e della Bibbia nella storia di Patrick Zaki?

"Patrick ci insegna tanto. Ha trovato una sua risposta, la scarcerazione, che non è la fine dell’incubo. Ma mi rincuora sapere che potrà riabbracciare i propri cari. Patrick è, soprattutto, la perseveranza. La dimostrazione che l’attenzione per la difesa degli ultimi non è mai inutile".

E adesso?

"Sono fiducioso. Ho la speranza di vederlo, qui a Bologna. Di riabbracciarlo. Patrick è un bolognese, è uno di noi. Ci ha fatto scoprire una solidarietà, una sensibilità diffusa per i diritti civili. I diritti civili non devono mai essere messi in discussione, speriamo che questa sensibilità porti altri frutti".