Martedì 16 Aprile 2024

Zaki italiano? Pensiamo a farlo liberare

Beppe

Boni

Italia deve fare il possibile per liberare Patrick Zaki, lo studente egiziano iscritto all’università di Bologna, da un anno incarcerato in Egitto con la vaga e mai dimostrata accusa di essere vicino ad ambienti terroristici. I canali diplomatici insieme agli avvocati sono al lavoro, l’opinione pubblica si è mobilitata. Giusto, anche perché in Egitto i diritti umani sono un optional. Ma in Medioriente e dintorni il concetto di società liberale è vago. Lo si è visto con la morte di un altro studente, Giulio Regeni, italiano, trovato ucciso vicino ad una base dei servizi segreti egiziani. E pure lui sospettato di inesistenti trame.

Ora la famiglia di Zaki chiede al nostro Paese la concessione della cittadinanza italiana al ragazzo, idem sta facendo un gruppo social che ha già raccolto 100mila firme. Lo scrittore Roberto Saviano lanciò la proposta un anno fa. Certo, non costa niente farlo, ma può aprire scenari scivolosi, legittimi interrogativi e percorsi divisivi sul piano politico. L’Egitto non è l’unico angolo di mondo dove un regime totalitario calpesta i diritti individuali. Se allunghiamo lo sguardo verso la Cina, o altre aree asiatiche, affiorano scenari analoghi. A Hong Kong sono finiti in carcere centinaia di dissidenti cinesi accusati solo di aver insultato Pechino. Sorvoliamo sui sistemi vessatori dei Paesi dell’Est. E su questi fronti la sinistra si è distinta soprattutto per il silenzio. Meglio concentrarsi su altri metodi per far aprire la cella di Patrick. Il generale Al Sisi non si fa impressionare da un gesto simbolico.