Venerdì 19 Aprile 2024

Xi e Lula sfidano gli Stati Uniti "Cambiare la governance mondiale"

Il presidente brasiliano a Pechino per stringere accordi commerciali e rafforzare l’asse con la Cina. Il primo obiettivo è sottrarre i Paesi del Brics al controllo delle istituzioni finanziarie dominate dagli Usa.

Xi e Lula sfidano gli Stati Uniti  "Cambiare la governance mondiale"

Xi e Lula sfidano gli Stati Uniti "Cambiare la governance mondiale"

di Cesare De Carlo

"Cambiare la governance mondiale", auspica Luiz Ignacio Lula da Silva, in visita a Pechino. Il presidente del Brasile, il gigante latino-americano, era ospite di Xi Jinping, presidente-dittatore del gigante asiatico. Dichiarazione singolare e sintomatica. Quando mai il giudizio di un presidente brasiliano ha fatto notizia? Fra l’altro non si tratta nemmeno di una novità. Ne aveva già parlato il presidente russo Vladimir Putin un mese fa durante la visita di Xi. Vogliamo un "nuovo ordine mondiale", aveva specificato riferendosi agli Stati Uniti e alla leadership mondiale esercitata dalla fine della seconda guerra mondiale.

MERCATO

E INTERDIPENDENZE

Xi aveva acconsentito in silenzio così come è avvenuto ieri. Opportuna prudenza. Il mercato americano rimane di gran lunga il più importante. E così le interdipendenze economiche, a dispetto della crisi per Taiwan. Tuttavia le sue ambizioni egemoniche sono evidenti. E non solo perchè il suo Pil è il secondo al mondo (il reddito pro-capite è invece ancora da terzo mondo), ma anche per i sintomi del declino americano. Una data d’inizio la si può fissare all’11 settembre 2001, quando il terrorismo islamico ferì al cuore gli Usa con gli attentati di New York e Washington. Ci furono più morti 22 anni fa nella sola Manhattan che a Pearl Harbor, 82 anni fa, quando il Giappone imperiale distrusse la flotta americana alle Hawaii. L’allora presidente George W. Bush invase l’Afghanistan da cui erano partiti i terroristi di Al Qaeda. Fu una guerra Nato, mal concepita e peggio condotta. Sino a che due anni fa Biden non ordinò il ritiro, anzi la fuga.

CREDIBILITÀ A PEZZI

Le ultime truppe americane se ne andarono di notte, abbandonando armi, aerei, elicotteri e miliardi di dollari in contanti. Peggio che in Vietnam. I talebani ripristinarono a Kabul il loro Medioevo. La credibilità americana ne uscì a pezzi. Ebbene quello fu il più mortificante dei tanti errori di politica estera commessi dagli Usa nell’ultimo ventennio. Citiamo a caso: Iraq, Siria, Iran, Libia come sanno bene gli italiani. Ma il più grave riguarda l’Ucraina. Biden avrebbe potuto e dovuto dissuadere Putin e prevenire la scellerata aggressione. Ne aveva tutto il tempo. Era dall’autunno 2021 che il presidente russo ammassava truppe alla frontiera fra Bielorussia e Ucraina. E invece Biden commentò: credo che si tratterà di una "incursione limitata". Che conclusione ne trasse Putin?

L’ASSE DEL MALE

La guerra in Ucraina ha inciso sulla geopolitica in misura epocale. Le sanzioni occidentali hanno spinto Putin nelle braccia di Xi. Hanno favorito la creazione dell’asse del male al quale sono di fatto associati Iran e Corea del Nord. E ora fra i fiancheggiatori ritroviamo molti Paesi africani e latino-americani. L’Africa da tempo è colonizzata dai cinesi che ne sfruttano le materie prime. E l’America Latina, considerata da sempre il cortile degli Stati Uniti, ha visto una penetrazione cinese sia sul piano economico che su quello strategico. Nel Brasile del socialista Lula in primo luogo. Non a caso ieri Lula ha invocato una "partnership con la Cina per cambiare la governance mondiale". Come detto non c’è solo l’economia. Il cambiamento vuol essere strategico. Promuove un mondo post-americano, nel solco del "nuovo ordine mondiale" di Putin. Come obiettivo immediato punta a sottrarre i Paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud-Africa) al controllo delle istituzioni finanziarie dominate dagli Usa. Ancora Lula: "Basta con il dominio del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Strangolano proprio i Paesi che hanno bisogno di aiuto". I Brics hanno già un’istituzione alternativa voluta dalla Cina. Si chiama New Development Bank e si propone di sostituire il dollaro come moneta di riserva. Gli scambi commerciali del Brics avvengono in parte già nelle valute di quei Paesi. Anche il dollaro è al tramonto?

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