Martedì 23 Aprile 2024

Voto Senato a 18enni, stop alla legge. Quattro milioni di ragazzi traditi dalla politica

La riforma costituzionale era già al terzo passaggio in Aula, ma Pd e Italia Viva ora chiedono "un momento di riflessione". Sullo sfondo le tensioni nella maggioranza e l’ipotesi di un rimpasto di governo. Nel frattempo la soglia per votare resta a 25 anni

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Ancora una volta, i giovani del nostro Paese sono stati traditi. Possono votare, come hanno fatto e fanno, per le elezioni politiche e per i referendum costituzionali, compreso quello più recente, il taglio del numero dei parlamentari. Possono votare per eleggere presidenti di Regione e consiglieri regionali, sindaci e consiglieri comunali, ma – nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 25 anni – non possono votare per eleggere il Senato. Un principio arcaico e vetusto, oggi incomprensibile, che risale alle decisioni dei padri costituenti che, nel 1947, volevano diversificare la platea che elegge la Camera da quella che elegge il Senato. Furono loro a imporre, per palazzo Madama, un doppio step: 25 anni per eleggere i senatori, 40 anni per essere eletti. Il caso italiano del ‘doppio binario’ che discrimina giovani e persone ‘adulte’ è anche una peculiarità in negativo dentro la Ue. Infatti, in generale, i requisiti anagrafici per l’elettorato attivo e passivo sono ben diversi e molto più ‘young friendly’. Paesi europei come Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Spagna (tutti con un regime parlamentare bicamerale) hanno limiti di età molto più bassi dei nostri. Normalmente, appunto, il diritto di voto è a 18 anni e, a volte, è possibile votare già a 16 anni, come in Austria.

Ma cosa è successo? Ieri, la Camera dei Deputati avrebbe dovuto votare il disegno di legge costituzionale (ddl) per abbassare da 25 a 18 anni l’età richiesta per eleggere i componenti del Senato (in gergo costituzionale si chiama “elettorato attivo”). Come ha sottolineato con un tweet il professore di diritto pubblico e costituzionale Francesco Clementi, si trattava di un provvedimento "molto importante sia per le dinamiche democratiche del Paese, sia per ridurre la distanza tra Camera e Senato". Insomma, un ddl giusto e di buon senso bloccato per motivi politici. Iv, ma anche il Pd, lo usano come pretesto per una ‘verifica’ di governo che potrebbe tradursi, alla fine, in un rimpasto.

Il Paese miope volta le spalle ai giovani

L’iter della riforma è stato lungo e complesso, a causa dell’iter costituzionale (servono quattro letture, siamo alla terza). Ora l’esame del provvedimento è stato rimandato "a data da destinarsi", dice amaro il presidente della Camera, Roberto Fico. L’ennesimo "momento di riflessione" sul ddl è stato richiesto dalla capigruppo di Italia Viva, Maria Elena Boschi. La riforma costituzionale sarà prima o poi rimessa in calendario, ma rischia di non vedere mai la luce.

Il testo del ddl si compone di un unico, semplice, articolo che modifica il requisito anagrafico per eleggere i rappresentanti del Senato della Repubblica, come scritto nell’ art. 58 della Costituzione e puntava a far sì che anche i senatori siano eletti a suffragio universale diretto, e quindi al compimento dei 18 anni di età proprio come alla Camera.

L’obiettivo del disegno di legge consiste nello “svecchiare” il Senato, garantendo il diritto di voto ad altri 4 milioni di giovani in procinto di diventare maggiorenni in Italia. Sono ben sette, infatti, le classi di età escluse dall’elettorato attivo, a causa del requisito dei 25 anni a tutt’oggi in vigore. Se le cose stanno così, rischiano di restarlo ancora a lungo.