Venerdì 19 Aprile 2024

Vocazione in cella, l’omicida prende i voti

Reggio Emilia, condannato a 30 anni: è stato seguito nel cammino di fede dal vescovo Camisasca. "Non avrà trattamenti di favore"

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"Dove sta la libertà? Il vero ergastolo non si vive dentro una galera, ma fuori quando manca la luce di Cristo". Sono queste le parole di Luigi, rinchiuso nel carcere di Reggio, la Pulce, uno dei più sovraffollati d’Italia, per un omicidio commesso in preda a droga e alcol. Trent’anni di pena per lui. Ma dietro quelle sbarre Luigi, nome di fantasia per tutelarne l’identità, ha ritrovato la fede. E sabato ha pronunciato i voti di povertà, castità e obbedienza. A tenergli le mani in questo momento sacro è stato il vescovo Massimo Camisasca, che oggi ricostruisce questa cristiana vicenda.

"Il carcere e in particolare l’Opg è stato il mio punto d’ingresso in diocesi – racconta il sacerdote –. Nel dicembre 2012 il primo punto che ho voluto visitare era proprio quello. In questi anni la presenza di don Daniele Simonazzi e di don Matteo Mioni come cappellani ha facilitato il contatto col mondo carcerario. E quindi ci sono stato sia per messe, sia per recite del rosario, sia per conversazioni. All’interno di questi contatti è emerso questo nome, questo volto. È stato don Daniele a parlarmi di lui e io ho desiderato incontrarlo. Sono venuto a contatto con una personalità singolare, un uomo, oggi, di grande pacatezza e riflessività, di grande bontà ma soprattutto di riflessione cristiana sulla propria vita".

La storia di Luigi, negli occhi di Camisasca, prende quasi la forma di una parabola: figlio di contadini cattolici delle campagne emiliane, Luigi cresce in parrocchia e abbraccia i valori cristiani. Alle soglie della maturità chiede ai genitori di poter diventare sacerdote, ma trova degli ostacoli, "e questo forse ha destabilizzato la sua persona", chiosa Camisasca. Dopodiché cambia improvvisamente vita: prima l’alcol e poi la droga. E durante un diverbio sotto l’effetto delle sostanze commette un omicidio. Pochi secondi di efferatezza che gli stravolgono la vita. In carcere inizia la riflessione.

"Il primo punto – sottolinea il vescovo di Reggio Emilia – è stato il rifiuto che ha opposto all’avvocato di dichiararsi incapace di intendere e di volere. Si è voluto presentare al processo come colpevole e responsabile. Il secondo è stato offrire la sua vita per la persona che era stata uccisa. "D’ora in poi la mia vita sarà preghiera per lui", scrive. In questi anni di carcere Luigi si è gettato su letture teologiche, spirituali e filosofiche. "Nei testi che mi ha consegnato – racconta Camisasca – rivela una freschezza letteraria non sprovveduta ma ingenua, e nello stesso tempo una conoscenza di studi teologici".

Camisasca non aveva mai vissuto una conversione di questo tipo: "È la prima volta che la vedo accadere in carcere, anche se ho conosciuto brigatisti o esponenti della lotta armata che si sono convertiti al cristianesimo, ma senza pronunciare i voti". Una scelta, quella di Luigi, che non gli farà ottenere alcun trattamento di favore: "Non ha incidenza sul processo, sarebbe assolutamente contrario allo scopo", precisa Camisasca. Intanto, un altro detenuto ha scritto a Camisasca dopo aver assistito alla pronuncia dei voti.