di Giovanni Panettiere Più che veri episodi di violenza i recenti ’regolamenti di conti’ fra giovanissimi, da ultimo quello dell’altra notte a Torino, sono "manifestazioni di una socialità compressa in questo biennio segnato dalla pandemia". Suonano come campanelli d’allarme per un esperto di adolescenza quale il medico, psicoterapeuta Alberto Pellai, ricercatore alla Statale di Milano. In altri termini, rappresentano delle "richieste di attenzione mal poste nei modi, ma che non possono essere disattese dal mondo degli adulti". Sempre che si voglia scongiurare che il futuro dei nostri figli ci scappi di mano. Quanto incide l’emergenza sanitaria in questi ’scontri’ fra adolescenti? "Almeno in parte influisce, sono dei segnali inviati da giovanissimi che si sentano defraudati dei loro spazi di socialità. È una sorta di chiamata alle armi, una messa in scena in stile ’I ragazzi della via Pal’ per dire ai grandi: ’Guardateci, siamo qui, abbiamo bisogno di rituali ed esperienze aggreganti’. Quelle che, prima del Covid, ritrovavano in pienezza nello sport, in oratorio, negli scout, tutte attività ora ridimensionate". In questa fase il rischio emulazione di film ad alto impatto di violenza, come ’Guerrieri della notte’ nel caso di Torino, si amplifica? "Nell’episodio piemontese non ravviso elementi di violenza repressa quanto piuttosto di socialità compressa. Parliamo di ragazzini che all’arrivo dei carabinieri se la sono data a gambe prima ancora di scontrarsi e dopo essere arrivati sul posto per lo più a bordo di mezzi pubblici". La chiusura o l’apertura ridotta di centri sportivi e oratori, a causa della pandemia, diventa così la chiave di lettura di questo disagio? "Sì, è uno dei fattori di rischio più grandi. Finisce per far mettere in gioco nei contesti sociali in modo caotico e irrazionale l’energia vitale e pulsionale tipica degli adolescenti. Tra gli 11 e i 16 anni servono tantissimo le esperienze corporee ad alto tasso ...
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