Giovedì 25 Aprile 2024

Visto da Cuperlo. "Scissione? Una sconfitta. E teniamoci stretto il nome"

"Perdere delle culture fondatrici del Pd come quella cattolica sarebbe un regalo alla destra. Al sostantivo “partito“ e all’aggettivo “democratico“ ero e resto affezionato"

Gianni Cuperlo  (Ansa)

Gianni Cuperlo (Ansa)

Roma, 22 gennaio 2023 - "Se anche una sola delle culture fondatrici del Pd dovesse decidere che i sentieri si dividono sarebbe una sconfitta per tutti". Gianni Cuperlo, in corsa per la segreteria Pd, già presidente dem, rigetta l’ipotesi di scissioni e l’idea di cambiare il nome al partito. Dall’altra parte, vorrebbe le primarie aperte solo per scegliere il candidato premier, lasciando agli iscritti la decisione sul segretario Pd.

E anche se ammette che "tra noi non ci sono né Sturzo né Gramsci o Tina Anselmi e Nilde Jotti", rivendica che "non siamo Brancaleone da Norcia" chiedendo rispetto.

Lei è uno dei magnifici quattro del Congresso Pd. Parla di un "partito in crisi, ma che può rialzarsi". Come? Cambiando nome, magari aggiungendo la parola lavoro?

"Al sostantivo “partito“ e all’aggettivo “democratico“ ero e resto affezionato. Capisco lo spirito della proposta del sindaco di Bologna Matteo Lepore, ma credo che, mai come oggi, dobbiamo vedere l’attacco alla democrazia e trarne la conferma che la battaglia dei prossimi anni sarà su questo. Confermerei la nostra identità anche come scelta che guarda al conflitto centrale di questo tempo storico, quello tra democrazia e autocrazie".

Veniamo al Manifesto del Pd. Che cosa ne pensa?

"È un contributo prezioso che integra la Carta dei valori scritta sedici anni fa. Nel mezzo è cambiato il mondo, ma i valori restano scolpiti, il punto è come farli vivere nella società di oggi e di domani".

Il nuovo manifesto dem archivia l’anima riformista, trasformando il Pd in un partito socialdemocratico. Così si rischiano scissioni e di perdere l’ala cattolica?

"Perdere anche sola una delle culture fondatrici del Pd sarebbe una sconfitta per tutti. Il cattolicesimo democratico è una delle tradizioni portanti del progetto al pari della sinistra storica, dell’ambientalismo, del pensiero femminista e della cultura dei diritti. Non può e non deve esserci nessuna scissione anche perché sarebbe il regalo migliore che potremmo fare alla destra".

Il Pd del futuro lo vede più simile al partito laburista inglese o a quello dei democratici americani?

"Nell’inseguire modelli abbiamo spesso finito col rinunciare a noi stessi. Oggi la prova è investire su di noi, dire chi siamo e quale parte del Paese vogliamo promuovere, emancipare, rappresentare".

La sua “promessa democratica“ guarda alla sinistra del Pd. Non rischia di ostacolare la corsa di Elly Schlein e avvantaggiare, invece, quella di Stefano Bonaccini?

"Questo confronto non si deve leggere nella logica sportiva di chi avvantaggia oppure ostacola qualcuno. La prima fase del congresso vedrà la partecipazione e il voto degli iscritti. Penso debba essere un momento di libertà dove ciascuno possa scegliere il sostegno alla piattaforma che sente più prossima alle sue attese e speranze. In quindici anni abbiamo perso sei milioni di voti, subìto tre scissioni e cambiato nove segretari. Non possiamo permetterci di sciupare l’occasione di avere finalmente una discussione di verità e non il solo “arruolarsi“ da una parte o dall’altra".

A proposito del turn over dei segretari Pd: l’addio mesto di Letta ("tengo le amarezze per me") è l’ennesima prova che il Pd fagocita i suoi leader?

"A Enrico dobbiamo essere grati per la scelta che ha compiuto in questi due anni. Le amarezze sono parte della passione, ma ha tenuto un discorso molto bello e intellettualmente onesto. Il Pd avrà ancora bisogno di lui".

In caso di vittoria, Bonaccini non lascerà la presidenza dell’Emilia-Romagna. Lei lo ha attaccato sul doppio incarico, ma anche Nicola Zingaretti ha guidato il Pd e il Lazio...

"Non ho attaccato Stefano, ho espresso la convinzione che oggi il Pd abbia bisogno di una guida a tempo pieno perché la crisi che ci investe è profonda e mette a rischio la stessa tenuta del progetto. Quanto a Nicola – che ho sostenuto – credo che la sua esperienza suoni come conferma di questo bisogno".

Ha definito la presenza di Articolo 1 "la ricomposizione di una frattura". Bersani e D’Alema devono rientrare nel Pd?

"“Devono“ mi pare una formula sbagliata. Direi che la premessa è chiedere loro se vogliono farlo. Un partito aperto è per definizione e inclusivo".

Di lei Renzi ha detto: è l’unico coerente contro di me... che cosa ne pensa?

"Che ha ragione e lo ringrazio".