Venerdì 19 Aprile 2024

Visco dà la scossa: ripresa robusta Ma l’inflazione può frenare il Pil

Il governatore di Bankitalia: crescita oltre il 4%. Rincari in vista, occhi puntati sulle prossime mosse Bce

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di Elena Comelli

L’Italia è in ripresa, con una "domanda robusta" attesa nella seconda metà dell’anno, man mano che la pandemia arretra e le imprese tornano rapidamente a investire, a differenza di quanto avvenuto nelle due passate recessioni. In questo quadro di uscita da una crisi mondiale che ha richiesto aiuti pubblici per complessivi 16mila miliardi di dollari – pari al 15% del Pil mondiale –, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, stima per quest’anno una crescita del Pil italiano superiore al 4%, al pari di quello europeo (dopo un -6,6% nel 2020).

Sono cifre che danno già un’idea del rimbalzo che l’Italia si appresta a vivere dopo un anno e mezzo di blocchi. "In alcuni Paesi vi sono previsioni di un’espansione sostenuta dei consumi, dopo il freno dovuto alle misure restrittive dell’attività economica e i timori di contagio. In Italia, ad attese più prudenti da parte delle famiglie si associano piani di investimento delle imprese in sostanziale recupero. Una ripresa robusta della domanda nella seconda metà di quest’anno è quindi possibile", sottolinea Visco, anche grazie agli aiuti europei del Next Generation EU e all’applicazione puntuale del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che può aggiungere un punto percentuale ogni anno sul Pil nei prossimi dieci anni.

Nel frattempo, però, torna in scena il costo della vita. Nel maggio 2021 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dell’1,3% su base annua, dal +1,1% del mese precedente (ai massimi dal novembre 2018). L’accelerazione, secondo le stime preliminari dell’Istat, si deve essenzialmente ai prezzi dei beni energetici, la cui crescita passa dal +9,8% di aprile al +13,8%.

Un dato, il +1,3% annuale, che al momento non desta preoccupazioni, ma è da diverso tempo che negli Usa si parla di rischio inflattivo e i primi segnali si stanno registrando anche in Europa, soprattutto in relazione alle materie prime e ai semilavorati, i cui rialzi possono colpire duramente un Paese manifatturiero come l’Italia.

In parte i rincari possono dipendere da fattori temporanei, come l’interruzione del passaggio delle navi nel Canale di Suez. Oltre a questo genere di fattori temporanei, c’è una prolungata carenza di chip nel settore dell’auto. Senza dimenticare la forte domanda di materiali, come legno e metalli, legati all’edilizia che, grazie anche ai bonus e all’accelerazione dei cantieri, sta vivendo un buon momento, o degli imballaggi, la cui richiesta negli ultimi 18 mesi, contrassegnati da un incremento degli acquisti online, è aumentata del 200-300%.

Intanto il rendimento del Btp decennale è tornato sopra l’1% e i rendimenti dei titoli di Stato si stanno scaldando un po’ in tutti i Paesi. Mancano pochi giorni alla riunione del board della Bce del 10 giugno e c’è chi teme che possano arrivare indicazioni sulla fine degli acquisti di titoli di Stato da parte dell’Eurotower o addirittura un accenno all’aumento dei tassi. D’altra parte lo stesso Visco sottolinea che bisogna "chiarire la definizione dell’obiettivo della stabilità dei prezzi della Bce" (la soglia del 2% d’inflazione). Viste anche le previsioni economiche della Commissione europea, che stima un salto del 4,3% per quest’anno e del 4,4% nel 2022 (dopo il tonfo del -6,6% l’anno scorso), c’è chi comincia a paventare la fine o la riduzione delle politiche espansive.

Christine Lagarde, a capo della Bce, potrebbe cominciare a far capire agli operatori economici, per la prima volta dopo anni di espansione, che se l’economia continuerà ad andare bene si procederà a un graduale rialzo dei tassi. Del resto nelle scorse settimane Janet Yellen, a capo del Tesoro Usa, ha fatto proprio questo, ha inviato un primo segnale relativo ai futuri rialzi dei tassi. E non è affatto escluso che Francoforte faccia lo stesso.