di Giovanni Rossi Se avesse chiesto – da inizio pandemia – 10 centesimi di indennità ministeriale per tutte le volte che ha pronunciato la parola "cautela", oggi il ministro della Salute Roberto Speranza sarebbe milionario. Nel calibrato servizio al Paese e a due premier, l’esponente di Leu resta fedele al copione più severo. Scelta di certo giustificata nei giorni terribili di questi 26 mesi pandemici, politicamente meno azzeccata oggi che s’intravede la fine del tunnel. Lui resta vigile. Forse scottato dall’improvvida pubblicazione del volume Perché guariremo, dato alle stampe nell’autunno 2020 e poi precipitosamente ritirato – oggi trattato su eBay come cimelio raro a prezzo variabile da 99 a 249 euro –, il ministro sponsorizza quotidianamente le virtù dell’avvedutezza e della prudenza. Lo ha fatto anche ieri a 12 ora in più: "Sulla pandemia abbiamo bisogno di cautela. Stiamo piegando la curva ma dobbiamo tenere i piedi a terra". È come se lo scenario alle porte, quella nuova normalità da tutti invocata – e pretesa dal premier Mario Draghi con la fine dell’obbligo di mascherina all’aperto – segnasse un cambio di paradigma che Speranza vorrebbe graduare, se non allontanare. Il 31 marzo – fine dello stato di emergenza – è praticamente domani, ma il ministro non se ne capacita. Non si dichiara felice di questo traguardo di liberazione per tutti gli italiani, specie per quelli che hanno rispettato scienza e regole. Non festeggia come i suoi omologhi stranieri ogni volta che una restrizione è cancellata. Al contrario. La fine dell’obbligo di mascherina all’aperto è "un segnale di fiducia", concede. Salvo confezionare immediato ripasso: "La mascherina va sempre tenuta con sé e indossata anche all’aperto se ci sono assembramenti. E sempre al chiuso". Almeno fino al 31 marzo. Data chiave per l’intero dispositivo anti pandemico. "Se rimarrà il Cts? Non ci sono ancora ...
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