Mercoledì 24 Aprile 2024

Virus in ritirata e 91% di vaccinati Ma Speranza non si fida: "Cautela"

La curva della pandemia continua a piegarsi. In calo ricoveri e decessi: scesi sotto quota 200 dopo un mese

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di Giovanni Rossi

Se avesse chiesto – da inizio pandemia – 10 centesimi di indennità ministeriale per tutte le volte che ha pronunciato la parola "cautela", oggi il ministro della Salute Roberto Speranza sarebbe milionario. Nel calibrato servizio al Paese e a due premier, l’esponente di Leu resta fedele al copione più severo. Scelta di certo giustificata nei giorni terribili di questi 26 mesi pandemici, politicamente meno azzeccata oggi che s’intravede la fine del tunnel. Lui resta vigile. Forse scottato dall’improvvida pubblicazione del volume Perché guariremo, dato alle stampe nell’autunno 2020 e poi precipitosamente ritirato – oggi trattato su eBay come cimelio raro a prezzo variabile da 99 a 249 euro –, il ministro sponsorizza quotidianamente le virtù dell’avvedutezza e della prudenza. Lo ha fatto anche ieri a 12 ora in più: "Sulla pandemia abbiamo bisogno di cautela. Stiamo piegando la curva ma dobbiamo tenere i piedi a terra".

È come se lo scenario alle porte, quella nuova normalità da tutti invocata – e pretesa dal premier Mario Draghi con la fine dell’obbligo di mascherina all’aperto – segnasse un cambio di paradigma che Speranza vorrebbe graduare, se non allontanare. Il 31 marzo – fine dello stato di emergenza – è praticamente domani, ma il ministro non se ne capacita. Non si dichiara felice di questo traguardo di liberazione per tutti gli italiani, specie per quelli che hanno rispettato scienza e regole. Non festeggia come i suoi omologhi stranieri ogni volta che una restrizione è cancellata. Al contrario.

La fine dell’obbligo di mascherina all’aperto è "un segnale di fiducia", concede. Salvo confezionare immediato ripasso: "La mascherina va sempre tenuta con sé e indossata anche all’aperto se ci sono assembramenti. E sempre al chiuso". Almeno fino al 31 marzo. Data chiave per l’intero dispositivo anti pandemico. "Se rimarrà il Cts? Non ci sono ancora decisioni. Valuteremo le modalità tecniche quando arriveremo sotto scadenza, ma lavoreremo ancora a stretto contatto con la nostra comunità scientifica", è la dichiarazione se vogliamo scontata, epperò rimarcata per ribadire una politica, un ruolo, una visione. Un linguaggio che sembra voler cristallizzare il potere enorme gestito in questi due anni, tra ordinanze e cabine di regia, con rivendicato riflesso d’ordine.

"È grazie ai vaccini – considera– se abbiamo retto questa ondata terrificante, con oltre 200mila persone contagiate al giorno". Tutto vero. Però non basta: "È in arrivo il bonus psicologo, non solo per i ragazzi. Ma attenzione: col bonus non risolviamo tutti i problemi". Ancora: "Più asciughiamo l’area dei non vaccinati, più il Paese è in sicurezza: il 91% delle persone sopra i 12 anni è vaccinato con la prima dose", ma il 9% di non immunizzati "produce la maggioranza dei casi negli ospedali e nelle terapie intensive". Bacchetta i genitori che non vaccinano i figli, come Giorgia Meloni e Matteo Salvini: "Dobbiamo fidarci di pediatri e scienziati, non è un tema di natura politica o da campagna elettorale".

Ieri, dopo un mese, decessi di nuovo sotto quota 200. Rievoca: "Il momento più difficile per me è quando abbiamo deciso il lockdown: non avevamo né vaccini né farmaci". Oggi ci sono gli uni e gli altri, ma il ministro continua a predicare "cautela". Come se avesse qualche riserva sul ’liberi tutti’ tra 45 giorni. Se dal suo osservatorio privilegiato nutre dubbi prospettici, farebbe bene a esplicitarli.