Giovedì 18 Aprile 2024

Virus e litigi, Draghi ci mette la faccia E la Lega prova a stoppare il Cav

Domani conferenza stampa del premier. Il vicesegretario del Carroccio chiede un accordo con Iv e M5S

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di Antonella Coppari

Da Palazzo Chigi garantiscono: se il premier ha deciso di convocare una conferenza stampa domani alle 18 per illustrare l’ultimo decreto Covid non è perché il governo si trovi in difficoltà, non c’entrano le divisioni nella maggioranza emerse nell’ultimo consiglio dei ministri né è colpa della sfida per il Quirinale. Quella, anzi, è tabù: non si nominerà affatto, e stavolta Draghi è deciso a resistere all’assedio dei cronisti. In parte è una versione un po’ addomesticata, ma in parte è vera. Al premier non è sfuggito il danno di immagine per sé, il governo e la lotta contro la pandemia arrecato dalla mancanza di una comunicazione diretta mercoledì scorso: anche i suoi fan hanno trovato poco congrua la scelta di non illustrare di persona una misura importante quanto la vaccinazione obbligatoria per gli over 50.

Dunque ha deciso di correre ai ripari, di metterci faccia alla ripresa post-natalizia, spiegando che quel provvedimento "non è un compromesso" ma "la risposta all’impennata della pandemia dovuta ad Omicron". Ridurre gli spazi concessi ai no-vax – il ragionamento – serve per mantenere il Paese aperto, a differenza di quanto accadde nel 2020. Magari annunciando anche il nuovo provvedimento con gli aiuti alle attività in crisi.

Non sono invenzioni: nella lotta contro il Covid la credibilità del governo è essenziale, ed è un fatto che i 3 decreti in 3 settimane hanno diffuso la sensazione di un esecutivo spiazzato dall’impennata dei contagi. Ma è difficile credere che in una conferenza organizzata a due settimane dal fischio di inizio della partita per il Quirinale Draghi non consideri per niente quel fronte. Se anche esplicitamente non dirà nulla, qualcosa da parole e toni si capirà. È un fatto che l’aggravarsi della crisi e la reazione, a tratti scomposta, del governo non agevolino la sua corsa, ancora in pectore, al Colle. Fin qui in campo ci sono stati solo lui e Berlusconi, ma anche se entrambi non sono nomi di facciata, altre possibilità verranno esperite solo all’ultimo momento. Il vicesegretario leghista, Lorenzo Fontana, per esempio, insiste perché sul Colle salga una personalità espressa dal centrodestra, cercando il dialogo con Iv e M5s. "Partiti che si dimostrano ragionevoli", chiosano nel Carroccio. Una posizione insidiosa perché mira ad aggirare il veto del Pd: una cosa è un presidente scelto dalla destra con l’aiuto di centristi e di voti in libertà, altra cosa una proposta concordata con M5s. Parlare di un presidente di parte diventerebbe impensabile.

Va pure detto che le possibilità che l’asse si realizzi sono vicine allo zero. Forza Italia non gradisce: se c’è un nome che non può essere concordato con i grillini è quello di Berlusconi. Ovvio che l’ideuzza leghista è apparsa ad Arcore un tentativo di sgambetto. E il Cavaliere a farsi sgambettare non ci pensa per niente. Proprio le difficoltà che la situazione crea a Draghi lo spingono a insistere, anche se l’ultima parola sarà detta all’inizio delle votazioni. Ma fonti forziste si premurano di rendere noto che in caso di elezione di Draghi al Colle il partito azzurro uscirebbe dalla maggioranza. È un semaforo rosso piazzato di fronte a Salvini e Giorgetti, i leader divisi che stavolta vagheggiano un identico orizzonte: maggioranza Ursula senza la Lega. FI chiarisce di non voler recitare la parte del capro sacrificale, ma l’avvertimento riguarda anche, forse soprattutto, la candidatura Draghi. Chi lo vota deve sapere che un attimo dopo la sorte della maggioranza, del governo e della legislatura sarà appesa a un filo sottilissimo.