Virologi in tv se autorizzati? Gli esperti insorgono: "Una buffonata. No al bavaglio"

Crisanti: "Non si possono fare leggi ad personam o per categorie". Bassetti: "Non siamo nel fascismo". Menichetti: "Diktat fuori luogo"

Il virologo Andrea Crisanti

Il virologo Andrea Crisanti

Roma, 23 settembre 2021 - Virologi in tv solo se autorizzati? "Io penso che sia una buffonata", risponde uno dei virologi in questione. Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova, commenta a 'Un giorno da pecora' su Rai Radio 1 l'Ordine del giorno a firma del deputato del gruppo Misto Giorgio Trizzino, accolto ieri dal Governo, che chiede di prevedere la presenza di virologi, immunologi, infettivologi in tv, alla radio o intervistati dai giornali solo se autorizzati dalla struttura sanitaria di appartenenza.

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Crisanti

"Credo che l'idea gli sia venuta dopo una visita in Corea del Nord - ironizza Crisanti - Forse non sa che non si possano fare le leggi ad personam o per categorie. Io posso pure capire che magari si è esagerato. Ma se si è esagerato, come in tutte le cose, è un problema di rapporto tra domanda e offerta. Evidentemente - rileva il virologo - c'è una domanda gigantesca da parte delle persone di informarsi, che i media intercettano, e chiaramente l'offerta viene dalle persone che hanno da dire qualcosa. Quindi - aggiunge Crisanti - io penso che una proposta di questo tipo sia principalmente un affronto verso i cittadini". 

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Menichetti

Dello stesso avviso il virologo Francesco Menichetti: "Questi diktat mi paiono del tutto fuori luogo", dice il primario di Malattie infettive all'ospedale di Pisa. Oltretutto, aggiunge l'esperto, "mi pare tardivo, è come chiudere la stalla quando non solo i buoi sono fuggiti ma anche le pecore, i gatti e i cani da guardia. Che senso ha? Più che un attacco nei confronti dei virologi mi sembra un attacco nei confronti del buonsenso. Io avrei preferito un appello a un maggiore equilibrio e moderazione, questo sì. Dovrei chiedere l'autorizzazione all'ospedale? Benissimo: dal 1 novembre sono pensionato quindi mi possono chiamare a tutte le ore del giorno e della notte. Detto questo: ma siamo su Scherzi a parte?". "Io - rilancia Menichetti - metterei negli Ordini del giorno qualcosa di più efficace sulla campagna vaccinale, cioè il Green pass solo per vaccinati e guariti e non per chi fa il tampone, questi sono ordini del giorno seri. Non è pensabile - conclude il medico - che ci sono 40 milioni di Green pass per vaccinati e 10 milioni, dicansi 10 milioni, per tamponi. Non ci siamo".

Bassetti

E' durissima anche la reazione di Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. "Io lavoro in un ospedale pubblico e quando ho parlato dei miei pazienti o della struttura sono stato sempre autorizzato. Dispiace leggere certe cose e chi ha proposto questo ordine del giorno forse non conosce alcune questioni. Io sono professore universitario e come tale parlo quanto voglio e nessuno mi mette il bavaglio, perché altrimenti siamo di fronte al fascismo. Io ho i titoli per parlare del virus e del vaccino, impedirmi di parlare sarebbe gravissimo"."Se il Governo dovesse fare questo passo - osserva il medico - saremo l'unico Paese al mondo che limita il pensiero di professori universitari. Quindi non posso neanche scrivere un libro sul virus? O rilasciare un'intervista a un giornale? Rischiamo di scadere profondamente". 

Pregliasco

"A mio avviso dovrebbe esserci piuttosto una carta per tutti coloro che parlano" di Covid in tv, radio, giornali e media in generale "quali giornalisti, opinionisti e non addetti ai lavori" che garantisca "l'eticità di quello che raccontano e la veridicità delle loro affermazioni" citando cioè "da chi e dove le hanno apprese", è il parere del virologo Fabrizio Pregliasco. "Non si può fare una censura - dice Pregliasco - l'autorizzazione della struttura cosa ci dà in termini di qualità di intervento? Ci vuole un codice etico - rilancia il virologo - ma per tutti. Il problema non sono i virologi, girano la colpa a noi ma è il giornalista o l'opinionista del caso che fa confusione e quindi ben venga un codice etico, con degli elementi essenziali, in base al quale uno quando dice qualcosa deve provarne la scientificità e il fatto che si è informato e da chi si è informato. Deve essere dichiarato un po' come il conflitto di interessi".

Gismondo

Anche Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, non è d'accordo. "No, se si tratta di parlare di scienza e illustrare il proprio pensiero scientifico, cosa che noi professori universitari dobbiamo fare istituzionalmente. Altra cosa se si tratta di fornire dati di gestione interna o comunque dati sensibili" della propria Asl o ospedale di appartenenza, dice Gismondo.

Minelli

"Ho sempre pubblicamente affermato (e non credo solo io) che i medici non debbano agire e parlare in ordine sparso. Ma ancor di più se sono espressione di un'istituzione pubblica, dovrebbero concertare eventuali sortite stampa o televisive con l'autorità sanitaria di riferimento. Il rischio, affatto remoto, è che pareri contrastanti, frutto di legittime sensibilità diverse, possano comunque generare confusione, mentre selezionare figure e posizioni condivise potrebbe essere una soluzione", è il commento dell'immunologo clinico e allergologo Mauro Minelli, coordinatore per il Sud Italia della Fondazione per la Medicina personalizzata. "Questa limitazione però non dovrebbe valere solo i medici però - osserva Minelli - Analoga azione di coordinamento la invocherei anche (e soprattutto) per le istituzioni politiche", delle quali "a volte si capisce ben poco e non si percepisce nemmeno il livello minimo di autorevolezza, tanto auspicato altrove".