di Riccardo Jannello Nata nove anni fa con lo scopo di "avviare adeguati percorsi per uomini violenti all’interno della coppia", l’Ares di Bassano del Grappa (Vicenza) ha in terapia una quarantina di maschi di ogni età e ceto sociale. Uno di loro accetta di parlare coperto dall’anonimato, di aprirsi e raccontare l’oscuro passato. Che cosa ha scatenato la sua violenza? "Paradossalmente la convinzione che quella non era violenza, ma l’esercizio di un mio diritto, reazioni giustificate da un comportamento che ritenevo sbagliato della mia compagna. Attribuivo a lei ogni colpa finendo per insultarla o picchiarla senza ascoltare le sue parole". Come si sentiva mentre compiva quegli atti e di che genere erano? "Una volta le ho tirato un soprammobile che fortunatamente, col senno di poi, è finito contro il muro. Le avevo prese da bambino e pensavo che fosse giusto comportarmi in quel modo". Si è mai chiesto il perché? "No, per me era naturale reagire in quel modo e poi tornare calmo. La colpa, secondo me, era sempre di lei". Che cosa l’ha convinto a smetterla e a chiedere aiuto? "Un giorno ho avuto paura, mi sono spaventato io stesso della mia reazione. Avevo litigato con lei e le avevo dato due schiaffi. Sono uscito furibondo e sono andato al bar. Qualcuno mi ha provocato, o almeno l’ho creduto. L’ho attaccato al muro, ma ho visto l’espressione del suo volto terrorizzata e ho capito che qualcosa non andava nel verso giusto". E che cosa ha fatto? "Sono tornato a casa, ho implorato la mia compagna di scusarmi e di accompagnarmi da qualcuno che mi aiutasse. Lei conosceva le operatrici dell’Ares alle quali aveva chiesto consiglio. Ho scoperto che mi amava veramente". Com’è stato il suo percorso di redenzione? "Ho partecipato a un gruppo, una seduta di un’ora e mezzo ogni due settimane per un anno. La terapia di gruppo serve per il confronto. E proprio questo mi ha permesso di elaborare meglio quanto mi era accaduto. Fra la gente che vive situazioni simili e che all’inizio non ci appaiono tali si instaurano dinamiche magiche". Com’è cambiato il suo rapporto con le donne? "Vedo tutto in una luce più oggettiva. Il rapporto con l’universo femminile è molto cambiato. Il fatto che le operatrici siano donne mi ha convinto che non sono inferiori. La loro autorità mi ha consentito di riconoscere i miei sbagli e di come mi sentissi superiore senza esserlo. La consapevolezza degli errori è stata basilare". Si sente guarito? "Non sono mai stato malato, non ho mai preso un farmaco. Ho solo elaborato le mie reazioni. Ma non sono cattivo o violento. Ho sbagliato e basta". Ora che cosa farà? "Recupererò la fiducia in me, la mia compagna, e continuerò a venire via via al gruppo. Mi dispiacerebbe abbandonare chi mi ha supportato così bene nelle difficoltà".

Cronaca

di Riccardo Jannello
Nata nove anni fa con lo scopo di "avviare adeguati percorsi per uomini violenti all’interno della coppia", l’Ares di Bassano del Grappa (Vicenza) ha in terapia una quarantina di maschi di ogni età e ceto sociale. Uno di loro accetta di parlare coperto dall’anonimato, di aprirsi e raccontare l’oscuro passato.
Che cosa ha scatenato la sua violenza?
"Paradossalmente la convinzione che quella non era violenza, ma l’esercizio di un mio diritto, reazioni giustificate da un comportamento che ritenevo sbagliato della mia compagna. Attribuivo a lei ogni colpa finendo per insultarla o picchiarla senza ascoltare le sue parole".
Come si sentiva mentre compiva quegli atti e di che genere erano?
"Una volta le ho tirato un soprammobile che fortunatamente, col senno di poi, è finito contro il muro. Le avevo prese da bambino e pensavo che fosse giusto comportarmi in quel modo".
Si è mai chiesto il perché?
"No, per me era naturale reagire in quel modo e poi tornare calmo. La colpa, secondo me, era sempre di lei".
Che cosa l’ha convinto a smetterla e a chiedere aiuto?
"Un giorno ho avuto paura, mi sono spaventato io stesso della mia reazione. Avevo litigato con lei e le avevo dato due schiaffi. Sono uscito furibondo e sono andato al bar. Qualcuno mi ha provocato, o almeno l’ho creduto. L’ho attaccato al muro, ma ho visto l’espressione del suo volto terrorizzata e ho capito che qualcosa non andava nel verso giusto".
E che cosa ha fatto?
"Sono tornato a casa, ho implorato la mia compagna di scusarmi e di accompagnarmi da qualcuno che mi aiutasse. Lei conosceva le operatrici dell’Ares alle quali aveva chiesto consiglio. Ho scoperto che mi amava veramente".
Com’è stato il suo percorso di redenzione?
"Ho partecipato a un gruppo, una seduta di un’ora e mezzo ogni due settimane per un anno. La terapia di gruppo serve per il confronto. E proprio questo mi ha permesso di elaborare meglio quanto mi era accaduto. Fra la gente che vive situazioni simili e che all’inizio non ci appaiono tali si instaurano dinamiche magiche".
Com’è cambiato il suo rapporto con le donne?
"Vedo tutto in una luce più oggettiva. Il rapporto con l’universo femminile è molto cambiato. Il fatto che le operatrici siano donne mi ha convinto che non sono inferiori. La loro autorità mi ha consentito di riconoscere i miei sbagli e di come mi sentissi superiore senza esserlo. La consapevolezza degli errori è stata basilare".
Si sente guarito?
"Non sono mai stato malato, non ho mai preso un farmaco. Ho solo elaborato le mie reazioni. Ma non sono cattivo o violento. Ho sbagliato e basta".
Ora che cosa farà?
"Recupererò la fiducia in me, la mia compagna, e continuerò a venire via via al gruppo. Mi dispiacerebbe abbandonare chi mi ha supportato così bene nelle difficoltà".

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