Violentava giovani pazienti: medico arrestato

Infettivologo ai domiciliari, la pm: era senza scrupoli. Sei le denunce per abusi fisici e verbali, ma le vittime potrebbero essere di più

di Giulia Bonezzi e Andrea Gianni

Gli abusi seguivano, scorrendo le dettagliate denunce delle vittime, quasi sempre lo stesso copione. L’infettivologo Marco D’Annunzio "sfruttava la propria qualifica di medico esercente un pubblico servizio" per conquistare la fiducia delle giovani pazienti "al fine di consumare, nel modo più semplice possibile, la violenza sessuale".

Le visite, nell’Ambulatorio Malattie a trasmissione sessuale (Mts) che fa capo all’Ats (Agenzia di tutela della salute) di Milano, e in un caso anche a casa di una ragazza approfittando del fatto che "non aveva le disponibilità economiche per far fronte a una visita specialistica privata", si trasformavano in un incubo: palpeggiamenti con il pretesto di una visita ai genitali, richieste "inusuali" sulle abitudini sessuali, frasi oscene e infine violenze che lasciavano le vittime sotto choc e con la "paura" di denunciare temendo di "non essere credute". Vittime che, infine, hanno trovato il coraggio di confidarsi con amici e familiari e si sono presentate in Procura. Il medico di 42 anni è finito ora agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza sessuale aggravata contestata nell’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip Giulio Fanales. L’inchiesta della polizia, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, è partita lo scorso dicembre dalla denuncia presentata da una delle ragazze, alla quale ne sono seguite altre cinque. Ma i casi potrebbero essere di più "in considerazione dell’elevata utenza della struttura medica", uno dei punti di riferimento a Milano anche per il test dell’Hiv, tanto che la Questura ha istituito un numero (0254332520) per raccogliere segnalazioni. Già nell’agosto 2021 era partita un’indagine interna alla struttura sanitaria alla periferia della città, in seguito a una segnalazione anonima su "condotte inappropriate" da parte del medico, che ha continuato a lavorare nell’ambulatorio finché l’indagine della polizia non ha prodotto le prime perquisizioni e sequestri di documenti presso l’Ats, che l’ha quindi sospeso avviando un procedimento disciplinare.

A inchiodarlo anche i messaggi WhatsApp alle ragazze, dai contenuti espliciti o con richieste di inviare foto delle parti intime. Dallo "schema d’azione rappresentato dallo sfruttamento di una situazione di particolare vulnerabilità delle pazienti – scrive il gip Fanales – si evince la particolare gravità e crudeltà delle condotte, subdole e ricattatorie".