Violato lo spazio aereo americano Pallone-spia cinese sulla base nucleare E Blinken rinvia la visita a Pechino

Il velivolo aerostatico ha sorvolato un’aerea missilistica del Montana. L’ira di Biden: "Inaccettabile". Il Dragone si giustifica: "Serviva solo per il meteo". Salta il vertice tra i due Paesi col segretario di Stato

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di Cesare De Carlo

Un pallone aerostatico, dice con “rammarico“ il regime cinese. Meteorologico. Colpa dei venti se è finito – guarda caso – sopra una base missilistica nel Montana. Il governo americano lo ritiene un atto di spionaggio. Eppure sino a ieri sera non ne aveva ordinato l’abbattimento. Difficoltà "tecniche", azzarda Bloomberg. Non rappresenterebbe un grave rischio di sicurezza. Gravi invece sono le conseguenze politiche. Il segretario di Stato Antony Blinken non andrà a Pechino per "non inviare un segnale sbagliato". Anche nel 1960 dopo l’abbattimento dello U2 sui cieli sovietici, era saltato il vertice Eisenhower-Kruscev. E poi c’è una conferma, molto più importante. Gli Usa riaprono quattro basi militari nelle Filippine, a sole 200 miglia da Taiwan, la piccola Cina democratica che la grande Cina comunista vorrebbe riprendersi "se necessario con la forza" (Xi Jinping).

BASE DEI MARINES

Una settimana fa, il Pentagono aveva dato un altro annuncio: la riapertura a Guam della storica base Camp Blatz con l’invio di cinque mila marines. Era stata chiusa dopo la fine della seconda guerra mondiale e da allora l’isola aveva seguito una politica di non allineamento: né con gli americani né con i cinesi. Ma ora la situazione è cambiata. Ora Guam rappresenta uno dei primi obiettivi del regime comunista nella sua strategia di espansione. E in effetti chi la controlla controlla anche il traffico aeronavale nell’intero Pacifico meridionale dall’Australia alle Filippine, comprese le isole Marianne, Midway, eccetera, dove si svolsero alcune delle battaglie più sanguinose e decisive della Seconda Guerra mondiale.

GUERRA ENTRO IL 2025

Oggi i rivali e potenziali nemici sono i cinesi e non i giapponesi. E in questa prospettiva anche nelle isole dell’arcipelago nipponico sta aumentando la presenza della US Navy e della US Air Force. Non una coincidenza. A Washington il generale a quattro stelle Mike Minihan ritiene inevitabile una guerra entro il 2025. E – concordano i think tank – un ipotetico, futuro conflitto Usa-Cina sarebbe cosa ben diversa da quello in corso in Ucraina. Previsioni drammatiche. In genere provengono da personaggi in pensione e non tuttora nella stanza dei bottoni. Evidentemente sono condivise dall’intera amministrazione, in singolare sintonia con quella precedente. Trump fu il primo a suonare l’allarme: da tempo la Cina cerca di allargare la sua influenza nell’area. Addirittura costruisce isole artificiali da trasformare in basi militari.

XI E PUTIN ASSE DEL MALE

Le tensioni aumentano. I fratelli separati di Taiwan non hanno alcuna intenzione di farsi ingoiare da quelli della terraferma. Contano sull’alleanza con gli Usa e sono dotati di armi americane. Xi lo sa bene. Si guarda dal far seguire alle minacce i fatti. Il suo esercito e la sua aviazione hanno equipaggiamenti russi. Niente di paragonabile con quelli americani e della Nato. E poi il Pentagono ne anticipa le mosse. Invia altre due portaerei attorno all’isola contesa, mentre il suo capo, il segretario alla Difesa Lloyd Austin, sbarca a Guam. Xi allora prepara la trasferta a Mosca. Con Putin salderà definitivamente l’asse del male in un mondo sempre più bipolare.