Mercoledì 24 Aprile 2024

Villeneuve fa pace col suo passato "Mio figlio, Gilles come il nonno"

Jacques è diventato padre per la quinta volta. Ha deciso di chiamare il nuovo arrivato col nome del papà. L’ex pilota ha vissuto per anni con dolore il ricordo del grande ferrarista: "Non volevo parlare di lui"

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di Leo Turrini

Jacques Villeneuve, campione del mondo di Formula Uno nel 1997, è diventato padre per la quinta volta. E ha chiamato il neonato Gilles, come il suo mitico papà, idolo di milioni di ferraristi, morto quaranta anni fa, nel 1982, in un tragico incidente durante le prove del Gran Premio del Belgio. Detta così, sembra una storia comune, simile alle vicende di tantissime famiglie. No, invece. Dovete infatti sapere che Jacques ha avuto, per decenni, un rapporto difficilissimo con la memoria ’di casa’. Aveva perso il genitore quando ancora era bambino. Aveva conosciuto una infanzia difficile. Prima della tragedia, la relazione tra Gilles e la moglie Joanna si era incrinata. Inoltre pare che tra le mura domestiche il fuoriclasse canadese avesse una predilezione per Melania, la sorellina di Jacques.

Chissà, ci sono nella vita di tutti dinamiche misteriose, trame sotterranee che soltanto i diretti interessati possono, faticosamente, decifrare. Ma di sicuro dal peso della leggenda paterna il piccolo Jacques quasi si sentiva schiacciato. Chi lo frequentava non gli parlava del papà, ma del fuoriclasse, dell’asso della velocità. Come in una micidiale sovrapposizione tra pubblico e privato. "E a me quei discorsi non interessavano – mi ha raccontato una volta Villeneuve junior –. Li vivevo come una intrusione nel giardino dei miei sentimenti. Essere semplicemente considerato ’il figlio di’ mi opprimeva".

Figurarsi quanto si siano complicate le cose nel momento in cui Jacques ha deciso di calcare le orme di Gilles. Pilota anche lui. Della stessa pasta: capace, l’erede, di vincere una 500 Miglia di Indianapolis e il titolo iridato della F1 nel 1997, al termine di un duello rovente con Michael Schumacher, che in Ferrari aveva riacceso le passioni generate da suo padre. Ma prima, prima della consacrazione personale, i paragoni imperversavano. Quel cognome pesava. Come un macigno.

Per anni, ne sono testimone diretto, Jacques ha evitato qualunque domanda su Gilles. Se il cronista insisteva, lui pigliava su e se ne andava. Un esempio. Una volta lo accompagnai in visita ad una azienda dell’Appennino modenese, suo sponsor. Gli operai della ceramica avevano preparato per lui un prezioso mosaico, che raffigurava Jacques con Gilles. Beh, nemmeno lo volle vedere.

Evidentemente ci sono ferite che richiedono anni, anzi decenni, per rimarginarsi. Ma il tempo ha fatto il lavoro che doveva: un giorno Jacques è venuto a Fiorano e ha portato in pista la Rossa che era stata di papà Gilles. Montezemolo, allora presidente del Cavallino, gli aveva fatto trovare i meccanici che avevano lavorato con il padre, capitanati da Paolo Scaramelli, che di Gilles era stato il confidente. Fu un momento toccante. Ero lì e rammento la liberatoria commozione dell’erede. "Ho fatto i conti con il passato – mi ha detto una volta –. L’immagine che ho di papà è soltanto mia, ma non ho più il timore di specchiarmici". Da ieri suo figlio si chiama Gilles. E il cerchio della vita si chiude.