Il commovente abbraccio tra Gianluca Vialli, 58 anni, e il commissario tecnico dell’Italia, l’amico ed ex compagno di squadra alla Sampdoria, Roberto Mancini, 58, dopo la vittoria del campionato europeo a Wembley nel 2021

Il commovente abbraccio tra Gianluca Vialli, 58 anni, e il commissario tecnico dell’Italia

di Leo  Turrini La sincerità sempre. Mai assente, la verità, nella vita e nella carriera di Gianluca Vialli. È di ieri l’ultima testimonianza. Ha detto l’ex campione della Juventus, della Sampdoria e della Nazionale: "Al termine di una lunga e difficoltosa ‘trattativa’ con il mio meraviglioso team di oncologi ho deciso di sospendere, spero in modo temporaneo, i miei impegni professionali presenti e futuri.  L’obiettivo è quello di utilizzare tutte le energie psico-fisiche per aiutare il mio corpo a superare questa fase della malattia, in modo da essere in grado al più presto di affrontare nuove avventure e condividerle con tutti voi. Un abbraccio". LA LOTTA Sono anni che Vialli combatte contro un tumore. E ormai da anni ha deciso di sottrarre al buio della angoscia la sua sofferenza. Ha scelto di rendere pubblica la paura, accendendo una luce sulla speranza. Non c’è famiglia italiana, credo si possa affermarlo, che non abbia conosciuto lo sgomento innescato dal cancro. È un viaggio sempre diverso e non esiste un modo unico, ideale per affrontarne le curve. Vialli ha fatto una scelta che non è ostentazione, bensì testimonianza. Con un garbo che è bello riconoscergli, da lontano, senza confondere l’ammirazione con una confidenza che non c’è, che non esiste, perché davanti alla malattia, ecco, lo sappiamo, lo abbiamo imparato, devi sentirti libero di agire e reagire come cuore e cervello ti suggeriscono. L’ABBRACCIO E in fondo noi italiani vogliamo bene a Vialli non tanto per la memoria dei suoi gol spettacolari o per il contributo che come dirigente ha dato fin qui alle sorti della Nazionale Azzurra. Gli vogliamo bene perché ci specchiamo nella mitezza del suo sguardo. Lo riconosciamo nella educata discrezione che ha accompagnato e accompagna il suo percorso extra campo. E su un campo mitico, Wembley, al culmine di una estate, quella del 2021, che fu un incanto e una illusione al tempo stesso, ci sentimmo di colpo suoi fratelli: quando strinse in un abbraccio di sangue carne e ossa Roberto Mancini, l’amico eterno, il partner negli anni giovani della Sampdoria. Mancio ct, Luca suo primo collaboratore: in una Italia campione d’Europa, regina per una notte, scintillava l’epica di una combinazione umana, quella tra Roby e Gianluca , che fa bene al cuore. Perché non si vive mai solo per stessi. Si vive per gli altri. Per il prossimo. DA LONTANO Nelle vite nostre Vialli è entrato nei remoti, scintillanti anni Ottanta del secolo scorso. Viene da lontano, è andato lontano. Giocava nella Cremonese, arrivò presto in Nazionale, prima convocazione firmata dal Vecio Bearzot, uno che di uomini se ne intendeva. Rese poi irresistibile la Sampdoria, padrona di uno scudetto storico nel 1991. Blucerchiata era quella compagine che alimentava piccoli grandi sogni, sfidando dalla Liguria i club metropolitani, in Italia come in Europa. Paolo Villaggio, che delirava per la Samp di Vialli-Mancini, ebbe a dire che non si trattava di una semplice squadra di calcio, bensì di una emozione al servizio della poesia. Esagerava, ma neanche tanto. E ancora Gianluca è stato il leader dell’ultima Juve capace di vincere la Champions League nel 1996. Impresa storica, con il senno di poi dettato dalle statistiche. Senza pallone tra i piedi, ha allenato il Chelsea e ha fatto anche il recensore (bravissimo, per giunta!) di libri per un brillante programma Sky, “Lo sciagurato Egidio”, ideato dal geniale Giorgio Porrà. Mai ruffiano, sempre schietto: quando il ct Sacchi gli tolse la maglia azzurra, Luca ammise di non riuscire ad augurarsi trionfi di una Italia senza di lui. Qualcuno storse il naso, ma l’ipocrisia mica sarebbe stata una virtù. La verità rende liberi, sul serio. Vialli è libero anche davanti alla malattia. Continuerà a giocare la partita e noi continueremo a fare il tifo per lui.

Cronaca

di Leo 
Turrini
La sincerità sempre. Mai assente, la verità, nella vita e nella carriera di Gianluca Vialli. È di ieri l’ultima testimonianza.
Ha detto l’ex campione della Juventus, della Sampdoria e della Nazionale: "Al termine di una lunga e difficoltosa ‘trattativa’ con il mio meraviglioso team di oncologi ho deciso di sospendere, spero in modo temporaneo, i miei impegni professionali presenti e futuri. 
L’obiettivo è quello di utilizzare tutte le energie psico-fisiche per aiutare il mio corpo a superare questa fase della malattia, in modo da essere in grado al più presto di affrontare nuove avventure e condividerle con tutti voi. Un abbraccio".
LA LOTTA
Sono anni che Vialli combatte contro un tumore. E ormai da anni ha deciso di sottrarre al buio della angoscia la sua sofferenza. Ha scelto di rendere pubblica la paura, accendendo una luce sulla speranza.
Non c’è famiglia italiana, credo si possa affermarlo, che non abbia conosciuto lo sgomento innescato dal cancro. È un viaggio sempre diverso e non esiste un modo unico, ideale per affrontarne le curve.
Vialli ha fatto una scelta che non è ostentazione, bensì testimonianza. Con un garbo che è bello riconoscergli, da lontano, senza confondere l’ammirazione con una confidenza che non c’è, che non esiste, perché davanti alla malattia, ecco, lo sappiamo, lo abbiamo imparato, devi sentirti libero di agire e reagire come cuore e cervello ti suggeriscono.
L’ABBRACCIO
E in fondo noi italiani vogliamo bene a Vialli non tanto per la memoria dei suoi gol spettacolari o per il contributo che come dirigente ha dato fin qui alle sorti della Nazionale Azzurra. Gli vogliamo bene perché ci specchiamo nella mitezza del suo sguardo. Lo riconosciamo nella educata discrezione che ha accompagnato e accompagna il suo percorso extra campo.
E su un campo mitico, Wembley, al culmine di una estate, quella del 2021, che fu un incanto e una illusione al tempo stesso, ci sentimmo di colpo suoi fratelli: quando strinse in un abbraccio di sangue carne e ossa Roberto Mancini, l’amico eterno, il partner negli anni giovani della Sampdoria. Mancio ct, Luca suo primo collaboratore: in una Italia campione d’Europa, regina per una notte, scintillava l’epica di una combinazione umana, quella tra Roby e Gianluca , che fa bene al cuore. Perché non si vive mai solo per stessi.
Si vive per gli altri. Per il prossimo.
DA LONTANO
Nelle vite nostre Vialli è entrato nei remoti, scintillanti anni Ottanta del secolo scorso. Viene da lontano, è andato lontano. Giocava nella Cremonese, arrivò presto in Nazionale, prima convocazione firmata dal Vecio Bearzot, uno che di uomini se ne intendeva. Rese poi irresistibile la Sampdoria, padrona di uno scudetto storico nel 1991. Blucerchiata era quella compagine che alimentava piccoli grandi sogni, sfidando dalla Liguria i club metropolitani, in Italia come in Europa. Paolo Villaggio, che delirava per la Samp di Vialli-Mancini, ebbe a dire che non si trattava di una semplice squadra di calcio, bensì di una emozione al servizio della poesia. Esagerava, ma neanche tanto.
E ancora Gianluca è stato il leader dell’ultima Juve capace di vincere la Champions League nel 1996. Impresa storica, con il senno di poi dettato dalle statistiche.
Senza pallone tra i piedi, ha allenato il Chelsea e ha fatto anche il recensore (bravissimo, per giunta!) di libri per un brillante programma Sky, “Lo sciagurato Egidio”, ideato dal geniale Giorgio Porrà.
Mai ruffiano, sempre schietto: quando il ct Sacchi gli tolse la maglia azzurra, Luca ammise di non riuscire ad augurarsi trionfi di una Italia senza di lui. Qualcuno storse il naso, ma l’ipocrisia mica sarebbe stata una virtù.
La verità rende liberi, sul serio. Vialli è libero anche davanti alla malattia. Continuerà a giocare la partita e noi continueremo a fare il tifo per lui.

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