Vescovo o papa, sarà sempre don Matteo

Intervista al cardinale Zuppi

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Il nostro Giorgio Comaschi ha intervistato l’arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi. Troverete all’interno le domande e le risposte. È un’intervista che fa parte di una serie: Comaschi, bolognese innamorato di Bologna, sta via via interrogando una serie di personaggi di livello nazionale, ma nati qui o comunque qui radicati: esce così, da ogni ritratto, quel modo di essere che fa riconoscere immediatamente chiunque venga dalle due torri. Prima Stefano Benni, poi Gianni Morandi, Romano Prodi, Riccardo Bigon, Claudio Fenucci, Pierferdinando Casini, e ora Zuppi. Anzi Szuppi, come esce dalle labbra della gente di qui

Zuppi infatti è romano, ma è un po’ d’anni che sta a Bologna, e sicuramente ne è rimasto contagiato. Anche lui, però, ha contagiato noi. Eccome, se ci ha contagiati.

Comaschi, che sa “leggere” le persone già al primo incontro, gli ha chiesto di fare l’intervista seduti sui gradini di San Petronio, in un’ora in cui piazza Maggiore è piena di gente. E già qui, la novità. Ve le immaginate certe eminenze – o anche, più semplicemente, certi reverendi – dove l’avrebbero voluta fare, l’intervista? In qualche salone di Curia, attorniato da controllori in tonaca, e magari esigendo di conoscere, prima, per iscritto, le domande. E invece Zuppi no. Parla seduto sui gradini come un universitario o un giapponese qualsiasi: sa che la gente lo riconosce e lo potrebbe importunare, ma la gente, per lui, è il prossimo. Non una massa indistinta: uno per uno.

Chi è il prete?, gli ha chiesto a un certo punto Comaschi. E sì, il prete è quello che leggete nella risposta, il mediatore fra cielo e terra, il testimone di Cristo. Ma il prete di cui l’umanità aveva bisogno, dopo tanto tempo in cui almeno una parte della Chiesa (la gerarchia) appariva distante e qualche volta pure algida, è quello che sta in mezzo alla gente; è quello che rende vero ciò che chiede il vangelo, e cioè che chi vuol essere primo deve farsi ultimo.

A un certo punto Giorgio gli ha chiesto se diventerà presidente dei vescovi italiani, come si vocifera, o addirittura papa, come molti prevedono. Zuppi ha risposto citando Biffi: un prete che vuol diventare vescovo, va ricoverato per problemi mentali; figuriamoci uno che volesse fare il papa. E sia. Ma una cosa è sicura. Se davvero Zuppi dovesse diventare papa (e tutti noi ne saremmo contenti) continuerebbe a essere un don Matteo seduto sui gradini.