Venerdì 19 Aprile 2024

Venti di Guerra Fredda. Reporter Usa arrestato in Russia. "Una spia, rubava segreti militari"

È il primo caso dai tempi dell’Urss. Il giornalista del Wall Street Journal rischia vent’anni di carcere. Rabbia degli Stati Uniti: "Le accuse sono ridicole, americani dovete venire via dal Paese"

Back in USSR. Questa volta non è il titolo di una canzone dei Beatles, ma la realtà. Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal che lavora in Russia da anni è stato arrestato dai servizi segreti con l’accusa di spionaggio. Avrebbe raccolto informazioni top secret su un’azienda russa nel settore della difesa. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, parla di "flagranza di reato".

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Gli Stati Uniti condannano la persecuzione di giornalisti e dissidenti e invitano i connazionali a lasciare la Russia: "Accuse di spionaggio ridicole, è inaccettabile prendere di mira i nostri cittadini". Il mondo si ritrova catapultato in un clima da guerra fredda. Era dal 1986 che un corrispondente americano non veniva arrestato in Russia. Quella volta era toccato a Nick Daniloff, che finì in manette con accuse simili a quelle mosse contro il reporter del Wall Street Journal. Ma ci sono due differenze importanti. La prima è che, in quel caso, si trattò di una rappresaglia perché gli Usa avevano arrestato a New York un cittadino sovietico. Ben più importante, non c’era una guerra in corso che sta spaccando il mondo in due come quella che si combatte sui campi dell’Ucraina e che vede l’esercito russo sempre più in difficoltà. Per questo, quella di Mosca sembra una mossa per creare difficoltà agli Stati Uniti.

Gershkovich è molto conosciuto nella comunità dei giornalisti stranieri in Russia, proprio per i suoi tanti anni di permanenza nel Paese. Lo hanno arrestato mercoledì in un ristorante di Ekaterinburg. Alcuni agenti in borghese si sono avvicinati al suo tavolo lo hanno ammanettato e gli hanno coperto il volto in modo tale che non potesse vedere. Successivamente lo hanno caricato su un minivan. Il giorno dopo era già a Mosca, in un luogo che i cittadini, ancora oggi ricordano fin troppo bene e che è foriero di memorie tremende. Si tratta del complesso di Lefortovo dove, oltre al tribunale distrettuale, si trova anche una prigione che dal 1954 fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica è servita per tenere in custodia cautelare i dissidenti del regime e gli intellettuali che si ribellavano alla linea del Pcus. Ed è proprio qui che Gershkovich rimarrà fino al 29 maggio, quando inizierà il processo. Per le sue accuse rischia fino a 20 anni di carcere.

Maria Zacharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, è arrivata a dire che quella del giornalista era una copertura per mascherare la sua vera professione, ossia la spia del governo americano. "Quello che stava facendo a Ekaterinburg – ha spiegato la diplomatica – non ha nulla a che vedere con il giornalismo. Purtroppo non è la prima volta che lo status di ‘corrispondente estero’, il visto giornalistico e l’accreditamento vengono utilizzati da stranieri nel nostro Paese per coprire attività che non sono giornalismo. Non è il primo noto occidentale a essere preso nelle mani con sacco". La portavoce non ha specificato quali siano le altre persone scoperte mentre erano intente ad attività di spionaggio. Ma le sue parole, così dure, isolano ancora di più la Russia dalla comunità internazionale e rendono difficile una normalizzazione delle relazioni diplomatiche, anche quando la guerra in Ucraina sarà finita.

Da quanto si apprende da media indipendenti, Gershkovich era tornato a Ekaterinburg dopo essere stato lì nelle settimane scorse. Questa volta si era recato anche a Nizhny Tagil, dove ha sede la Uralvagonzavod, specializzata nella costruzione di carri armati. Fra le ipotesi, c’è che stesse indagando anche sulla Wagner, il potente esercito privato di proprietà di Prigozhin. Quando gli hanno chiesto di commentare la notizia dell’arresto, quest’ultimo ha risposto: "Posso andare a vedere nella mia stanza delle torture se è lì con gli altri giornalisti americani che ci tengo".