
Bezos e Sanchez tornano negli Usa. Il sipario cala su feste e proteste. .
Ma sì, ammettiamolo, anzi ammettetelo. A tutti è venuto in mente Riccardo Garrone-avvocato Covelli nel primo e fondamentale film Vacanze di Natale dei Vanzina bros, i nostri intellettuali di riferimento, quando sbotta: "E anche questo Natale... se lo semo levato dalle p…!".
Ecco: finalmente questo matrimonio Bezos è finito, tutti se ne sono andati sui loro jet privati, e non siamo più costretti a ogni giornale o telegiornale a sorbettarci dettagliate descrizioni delle nozze supercafonal, chi c’è, com’è vestito, che cosa si è fatto, che cosa si è mangiato e soprattutto quanto è costato.
Di peggio, c’è stato davvero solo chi le contestava, queste nozze, in ossequio alla bizzarra ma radicata convinzione italiana che la ricchezza non sia una fortuna o, nei casi migliori tipo quello di mister Amazon, un merito, ma una colpa: e qui davvero le due chiese, quella cattolica e quella comunista, ci hanno segnato per sempre.
Però di fronte a questa ostentazione e a questo cattivo gusto, lo sposo in smoking, la sposa con il seno in vista, i balli pseudosettecenteschi con le colonne sonore pop, i cuochi stellati che fanno un menù amalfitano a Venezia (si vede che dentro la palla con la neve non c’era solo la gondola ma anche ‘o Vesuvio), e tutto questo ossessionante e ossessionato parlare di soldi, soldi, soldi più che nella canzone di Mahmood, insomma davanti a questo kitsch tanto più grave perché inconsapevole, vengono in mente le nostre mamme, nonne e zie longanesiane di quell’Italia borghese ed educata sì bella e perduta. Che parlavano, appunto, di "americanate" e ci insegnavano che ai matrimoni si va in tight, che i nouveaux riches si riconoscono perché ostentano di esserlo e che la sobrietà, la discrezione, la misura, perfino un minimo di cultura sono indispensabili, se non allo chic, a quello che veniva definito "saper stare al mondo". Che non sempre è scontato, anche quando si hanno abbastanza dollari da poterselo comprare tutto, il mondo.