Vasco e Silvio, che vita spericolata fare i papà

Il rocker di Zocca fa autocritica: "Sono un disastro con i miei figli". E Pier Silvio omaggia il Cav: "Sei un campione come padre"

Il post di Vasco Rossi

Il post di Vasco Rossi

Ieri era la festa del Papà. Per celebrare la ricorrenza, Pier Silvio Berlusconi ha comprato una pagina di giornale dedicata al padre Silvio. E sui social Lorenzo Rossi, figlio di Vasco la rockstar, ha ringraziato tutti i genitori "supereroi", facendo coraggio all’eroe di ’Vita spericolata’, che si era appena... autoaccusato, definendosi "una frana come papà".

Ora, non c’è dubbio che ben poco abbiano in comune il Cavaliere di Arcore e il Blasco di Zocca: i due personaggi appartengono a universi distinti e distanti, a culture presumibilmente inconciliabili, a modelli di vita non sovrapponibili. Ma in una cosa persino loro si somigliano: hanno figli, cioè sono padri.

La suggestione dell’incrocio rimanda a una riflessione che coinvolge ognuno di noi. Penso alla acclarata, accertata fatica del ruolo. Essere un papà: quella che un tempo poteva essere una garanzia, beh, ha invece smesso da un pezzo di essere tale.

Forse è una conseguenza, una delle tante, del mitico (o famigerato, dipende dai punti di vista) Sessantotto. Fino ad allora, il babbino, come esclamava il Pinocchio televisivo di Comencini rivolto a Geppetto, ecco, fino ad allora il babbino era una figura, come dire, istituzionale. Un riferimento venerabile, senza alcun riferimento a Licio Gelli, tra le mura domestiche. Il Padre, con la maiuscola, era l’Autorità, sempre con la maiuscola. Meritava rispetto a prescindere. Anche quando aveva torto. Era l’epoca del Padre Padrone, celebrata da una sovrabbondante letteratura.

Era giusto? No, per carità. Nemmeno era tollerabile, in famiglia, l’ossequio untuoso a chi, in una società diversa da quella in cui fortunatamente viviamo, portava da solo a casa da mangiare. Come se il decisivo contributo alle sorti economiche di moglie e figli fosse un alibi per tutto, una amnistia preventiva. Ma oggi, come siamo messi? Dopo, cioè nell’ultimo mezzo secolo, il paradigma si è rovesciato. Senza vie di mezzo e senza mezze misure. Il Padre, da sommo giudice che era, da Padrone indiscusso, è diventato imputato permanente. La prescrizione non la hanno abolita i grillini con il ministro Bonafede: è stata soppressa nei confronti di noi papà prima, molto prima! E nemmeno questo è giusto. Franco Battiato, il musicista e musicologo della Sicilia, ci ha scritto sopra un verso che non ha bisogno di interpretazioni. Eccolo: "Com’è difficile restare padri quando i figli crescono e le mamme imbiancano". Non a caso, il brano si intitola ’Bandiera Bianca’. Simbolo della resa. Incondizionata.

Oggi il mestiere del genitore (e sia chiaro: il discorso vale anche per le mamme, a scanso di equivoci!) è diventato difficilissimo. La cultura (?) dominante pone sempre in primo piano i diritti dei figli, i nostri figli. I quali, beninteso, hanno mille ragioni: ma insomma, ci siamo e ci saremmo anche noi, i genitori. Servirebbe, direbbero quelli bravi a scrivere, un nuovo patto di solidarietà tra generazioni. E invece.

Prendete, a mo’ di esempio, gli effetti perniciosi della pandemia a proposito di scuole chiuse. Un disastro per nuove e nuovissime generazioni, private del valore della socializzazione, certo. Un danno, in prospettiva, per la comunità considerata nel suo insieme.

Ma è mai possibile che nessuno, dico nessuno!, degli esperti che stanno sempre in televisione, tutte le sere che Cristo manda in terra, dica mai una parola, una sola, sul disagio dei padri, sull’ansia di chi i figli grandi li può vedere solo sul computer o sul disagio di chi ha i bambini e i ragazzi chiusi in un appartamento di tre stanze?

Sicuramente mi sbaglio, ma può darsi che, senza rendersene conto, i figli di Silvio e del Blasco questa cosa, chissà, l’abbiano intuita.