Varianti Covid, Iss: "Ecco quali temere di più". Farmaci e vaccini funzionano?

Qual è più contagiosa? E cosa le differenzia? L'Istituto superiore di Sanità fa il punto sulle mutazioni in una nuova circolare

Test per il Coronavirus (Ansa)

Test per il Coronavirus (Ansa)

Roma, 6 febbraio 2021 - Una pandemia dentro alla pandemia. Proprio quando la curva del Coronavirus sembrava aver preso un andamento stabile e la corsa al vaccino era appena stata intrapresa, sono sorte nuove sfide da dietro l'angolo: il virus è mutato e sembra aver anche potenziato la sua trasmissibilità. A preoccupare le autorità sanitarie e gli esperti di tutto il mondo sono le nuove varianti del Covid, chiamate abitualmente 'inglese', 'brasiliana' e 'sudafricana' dal luogo in cui sono state individuate per la prima volta. Ma non sono le uniche: "I virus, in particolare quelli a Rna come i Coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma", spiega infatti l'Istituto Superiore di Sanità. E allora cosa dobbiamo aspettarci da queste tre mutazioni? Qual è più contagiosa? E sopratutto: il vaccino o i farmaci contro il Covid funzionano anche sulle variazioni del virus? E' proprio l'Iss a fare chiarezza in uno speciale online, nel quale viene ribadito l’importanza delle strategie di controllo sanitarie e anti-contagio. Vediamo qui sotto tutti i dettagli.

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Variante inglese

Il primo allarme sulle mutazioni del virus è arrivato dall'Inghilterra. La variante "è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna - spiega l'Iss -, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020". Tutte e tre le varianti 'funzionano' allo stesso modo: "Il virus presenta delle mutazioni sulla cosiddetta proteina 'Spike' - continua l'Iss -, che è quella con cui il virus 'si attacca' alla cellula". Ma, a differenza delle altre due, la variante inglese (VOC 202012/01) sembra non compromette l'efficacia dei vaccini: la mutazione, infatti, "è monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata" ed è stata "ipotizzata anche una maggiore patogenicità", ma "al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull'efficacia dei vaccini". 

Variante sudafricana

Riguardo, invece, la 'variante sudafricana' (501 Y.V2), prosegue l'Iss, "è stata isolata per la prima volta nell'ottobre 2020 in Sud Africa, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 28 dicembre 2020". In questo caso la mutazione "è monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata - continua l'Iss -, e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l'efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19".  

Variante brasiliana

Infine, l'ultima mutazione del Covid è la cosiddetta "la 'variante brasiliana' (P.1). Questa "è stata isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile e in Giappone. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata segnalata in 8 Paesi, compresa l'Italia". La mutazione, prosegue l'Iss, "è monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata", ma anche perché, come la variante sudafricana, "dai primi studi sembra che possa diminuire l'efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19".

Farmaci e vaccini funzionano?

L'Istituto superiore di sanità ha confermato la possibilità che le varianti possano compromettere l'efficacia degli anticorpi monoclonali e, in alcuni casi, anche dei vaccini. Ma "diversi studi sono in corso nel mondo", puntualizza l'Iss. "Al momento i vaccini sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese - rassicura l'Istituto -, mentre per quella sudafricana e quella brasiliana potrebbe esserci una diminuzione nell'efficacia". Poi "per quanto riguarda i farmaci in uso e in sperimentazione - prosegue l'Istituto -, non ci sono ancora evidenze definitive in un senso o nell'altro; tuttavia alcuni articoli preliminari indicano che alcuni anticorpi monoclonali attualmente in sviluppo potrebbero perdere efficacia". 

E i test diagnostici, quelli attualmente in uso sono in grado di rilevare le varianti? "I test, se non si basano sulla proteina Spike", ossia la proteina virale che 'aggancia' la cellula bersaglio e che risulta mutata in tutte e tre le varianti monitorate al momento, "fanno correttamente la diagnosi; tuttavia per potere discriminare se una infezione è determinata da una variante - precisa l'Iss - è necessario un test specifico altamente specialistico che è detto sequenziamento, in cui si determina la composizione esatta del genoma del virus".

Mutazioni in Italia: il punto sulle analisi

In Italia l'analisi delle varianti di Coronavirus "viene effettuata dai laboratori delle singole Regioni, sotto il coordinamento dell'Iss - spiega l'Istituto -. L'Ecdc raccomanda di sequenziare almeno circa 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale". Sempre in base a quanto suggerito dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, l'Iss dettaglia le "priorità" da rispettare nella scelta dei campioni da sottoporre a sequenziamento genetico: "Individui vaccinati contro Sars-CoV-2, che successivamente si infettano nonostante una risposta immunitaria al vaccino; contesti ad alto rischio, quali ospedali nei quali vengono ricoverati pazienti immunocompromessi positivi a Sars-CoV-2 per lunghi periodi; casi di reinfezione; individui in arrivo da Paesi con alta incidenza di varianti Sars-CoV-2; aumento dei casi o cambiamento nella trasmissibilità e/o virulenza in un'area; cambiamento nelle performance di strumenti diagnostici o terapie; analisi di cluster, per valutare la catena di trasmissione e/o l'efficacia di strategie di contenimento dell'infezione".