Covid, variante Delta ancora in Italia ("e fa paura"). Gli esperti: "Epidemie parallele"

Il fisico Roberto Battiston: "Non dimentichiamola, ha continuato a espandersi". L'immunologo Mauro Minelli: "Distinguerle anche nei bollettini". Giuseppe Remuzzi: "Discesa quando Omicron sarà dominante"

Roma, 9 gennaio 2022 - Non una, ma due epidemie Covid. Gli esperti mettono in guardia dal concentrarsi solo sulla variante più contagiosa Omicron, trascurando la più aggressiva Delta. Le due mutazioni sono attualmente presenti in Italia e c'è chi, come l'immunologo Minelli, suggerisce addirittura una riorganizzazione dei bollettini in cui sia chiara l'assegnazione dei nuovi contagi.

Il bollettino Covid del 10 gennaio

Non solo Omicron e Delta: le varianti del Covid

Il fisico Battiston

Non dimenticare la mutazione Delta del Covid: è questo l'appello arrivato nelle ultime ore, dopo settimane in cui l'attenzione è stata concentrata tutta su Omicron (a causa soprattutto dell'elevata contagiosità). "Assistiamo a una sorta di rimozione collettiva sulla variante Delta, ma non c'è nessuna prova che sia scomparsa - dice Roberto Battiston, docente di Fisica all'Università di Trento e coordinatore dell`Osservatorio epidemiologico dello stesso ateneo, intervistato da Repubblica -. Anzi, probabilmente è la principale responsabile dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva. In questo momento, in realtà, è come se ci fossero due epidemie diverse - spiega -: quella dovuta appunto alla Delta e quella riconducibile a Omicron, con effetti meno gravi sulla salute ma così contagiosa da farci rischiare un lockdown di fatto. Per poter affrontare efficacemente questa fase, è fondamentale avere chiara tale distinzione. E magari adoperarsi per distinguere chi si ammala di una variante piuttosto che dell'altra".

"Delta continua ad espandersi"

Secondo le ultime analisi condotte sui numeri del Covid, afferma: "Supponiamo anche che Omicron rappresenti l'80% dei 200mila nuovi casi giornalieri: ne restano 40 mila che sono riconducibili alla Delta. Nonostante l`esplosione di Omicron, Delta ha continuato a espandersi nelle ultime settimane: a ridosso di Natale causava 30-35mila nuovi contagi al giorno, oggi ne provoca, probabilmente, circa 40mila", sottolinea aggiungendo che la variante Delta "è all'origine dei casi più gravi nei non vaccinati: decessi e ricoveri nelle terapie intensive. Se non la si argina rapidamente o non si prendono opportune misure di potenziamento delle strutture di emergenza, si rischia il collasso del sistema ospedaliero nei prossimi 30 giorni".

"Sul sequenziamento siamo molto indietro"

Quindi, secondo l'esperto, si dovrebbe poter distinguere tra chi si ammala di una variante e chi dell`altra ma "purtroppo sul sequenziamento dei tamponi, tecnica che permetterebbe di distinguere Delta da Omicron, siamo molto indietro, abbiamo dati insufficienti e con grande ritardo rispetto allo sviluppo della pandemia. Quindi ci muoviamo quasi alla cieca, sparando con le stesse armi a bersagli molto diversi tra loro".

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L'immunologo Minelli

Anche l'immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata, invita a non dimenticarsi di Delta. "Nei crediti finali della pandemia sono in corso due processi epidemiologici con caratteristiche e conseguenze significativamente diverse - dice -. Di fatto due epidemie parallele: una linea d'infezione causata ancora dalla mutazione delta e una causata dalla mutazione Omicron. La prima universalmente definita più aggressiva, la seconda, come dimostrato dalla pratica clinica oltre che dalle evidenze scientifiche, più veloce nelle dinamiche di trasmissibilità ma meno critica per la salute umana".

"I bollettini quotidiani andrebbero riorganizzati"

E anche MInelli propone: "I bollettini quotidiani a mio avviso andrebbero completamente riorganizzati, non indicano a quale variante sono da imputare i contagi del giorno, ecco perché servirebbe un meccanismo di identificazione del mutante virale responsabile dell'infezione soggettiva". Distinguere fra le due varianti può servire alle "esigenze fondamentali delle azioni di contenimento (isolamento e quarantene), specie nei settori scuola e lavoro", a "correggere anche le informazioni utili al comparto sanitario, visto che si tratta di due varianti virali dagli effetti molto diversi, con sintomatologia non sovrapponibile e non responsive alle stesse terapie. Gli anticorpi monoclonali orientati contro Delta è infatti costosamente inutile somministrarli a pazienti infettati eventualmente da Omicron".

"Utilizzare i tamponi molecolari con parsimoniosa competenza"

Da qui, conclude l'immunologo, "la vera utilità dei tamponi molecolari che andrebbero utilizzati con parsimoniosa competenza proprio per definire la precisa genotipizzazione del virus infettante e, dunque, fornire indicazioni epidemiologiche reali con preziose proiezioni anche sul versante clinico e gestionale della Covid '22'. Per contro, continuare a conferire al tampone antigenico predittività dirimente vuol dire solo alimentare una psicosi collettiva che ci ricaccia indietro nel tempo a quando la Covid era targata '19'. E questo non va bene".

Il professor Remuzzi

Sulla stessa linea anche il direttore dell'Istituto 'Mario Negrì, Giuseppe Remuzzi, che parla di due diverse epidemie. "Se la variante Omicron riuscirà a prendere il sopravvento sulla Delta, forse riusciremo a vedere la discesa della curva epidemica nel giro di qualche settimana. Se vivono insieme questo può rappresentare un ulteriore problema, possono esserci delle preoccupazioni in più'", spiega intervendo alla trasmissione 'Mezz'ora in più' di Rai3. ''Mi aspettavo che il virus sarebbe diventato progressi meno aggressivo'' perché ''questa è la naturale evoluzione di tutti i virus che tendono nel giro di pochi anni a diventare meno letali'' - aggiunge - però che la variante Omicron ''fosse così capace di diffondersi tanto rapidamente, che non è detto sia necessariamente una cosa così negativa, non me lo aspettavo assolutamente''. 

"Precauzioni da adottare per almeno un paio d'anni"

''Se vogliamo parlare di tempi dobbiamo tenere conto che dovremo ancora prendere delle precauzioni almeno per un paio d'anni'', afferma Giuseppe Remuzzi. ''Ci sono tanti fattori che possono fare pendere la bilancia dalla parte di chi dice siamo attenti ma non mettiamo delle misure eccessive, o dalla parte di chi dice sarà una catastrofe e dovremo avere ancora per molto tempo delle misure rigide'', osserva il direttore. ''Questo dipende da tanti fattori, sostanzialmente hanno ragione tutti e due''.

"Scuole più sicure degli ambienti fuori"

''Le scuole sono più sicure degli ambienti fuori dalla scuola', dice ancora Remuzzi, sottolineando come ''tutti abbiamo potuto verificare una circostanza interessante: nonostante le scuole fossero chiuse in questi 15-20 giorni, la moltiplicazione dei casi è stata straordinaria. Quindi è probabile che la scuola influisca molto poco''. ''Fino a ora i ragazzi si sono incontrati fuori dalla scuola, hanno fatto feste, capodanno, tutte le cose in ambienti certamente chiusi, con attenzioni minori di quelle che avranno a scuola'', osserva il direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche che cita anche diversi studi convergenti ''nell'indicare che la trasmissione della scuola contribuisce molto poco alla trasmissione del virus''. Per il professore le norme introdotte, "differenziate per fasce di età che corrispondono alle percentuali di persone vaccinate'', sono "molto ragionevoli e molto corrette''.