Venerdì 19 Aprile 2024

Vannini ucciso dalla famiglia della fidanzata

Condannato a 14 anni per omicidio volontario il papà della giovane, carcere anche per moglie e figli. I giudici: nessuno ha soccorso Marco

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di Giovanni Rossi

"Omicidio volontario". Per la morte di Marco Vannini, il 21enne di Cerveteri ucciso nella notte tra il 17 e 18 maggio 2005 a Ladispoli, in casa della fidanzata Martina Ciontoli, la Corte d’assise d’appello di Roma ribalta il precedente verdetto di secondo grado e condanna l’intera famiglia Ciontoli a pene ben più severe: 14 anni ad Antonio Ciontoli, il capofamiglia, dalla cui pistola partì il colpo; 9 anni e 4 mesi alla moglie Maria Pezzillo e ai figli Federico e Martina, colpevoli quanto il padre della catena di omissioni decisiva nel causare la morte del giovane per emorragia interna, quando invece agendo con tempestività avrebbe potuto essere salvato.

Altro che "omicidio colposo" e relativi cinque anni di carcere. La precedente sentenza d’appello su Antonio Ciontoli, all’epoca dei fatti sottufficiale di Marina con incarichi nei servizi, era subito apparsa incongrua. L’impegno dei media nel tenere accesi i fari sulle anomalie di quella notte ha dato forza ai familiari della vittima.

La svolta in Cassazione: investiti del caso, i giudici ordinano un nuovo processo d’appello valorizzando l’ipotesi di omicidio volontario. E nell’appello bis la Corte d’assise sposa in pieno la nuova ricostruzione della procura generale. Secondo il pg Vincenzo Saveriano, la morte di Vannini è dovuta a un micidiale mix di imprudenza e incoscienza. In bagno con la fidanzata Martina e suo padre, Marco è raggiunto da un colpo alla spalla partito dalla pistola del capofamiglia. Da lì una catena di omissioni, bugie, complicità. "Un secondo dopo lo sparo è scattata la condotta illecita – questa la ricostruzione del pg –. Tutti i soggetti sono rimasti inerti, non hanno alzato un dito per aiutare Marco, pur di non far sapere dello sparo. Tra la vita di Marco e il posto di lavoro del capofamiglia, hanno scelto quest’ultimo". La prima chiamata al 118? Solo 40’ dopo il fatto.

In extremis, subito prima della camera di consiglio, Ciontoli tenta di alleggerire la posizione di moglie e figli: "Chiedo perdono per quello che ho commesso e anche per quello che non ho commesso. So di non essere la vittima ma il solo responsabile di questa tragedia. Quando si spegneranno le luci, rimarrà il dolore lacerante a cui ho condannato chi ha amato Marco. Resterà il rimorso di quanto Marco è stato bello e di quanto avrebbe potuto esserlo ancora". Troppo tardi, dopo anni di "menzogne in serie".