Mercoledì 24 Aprile 2024

La Val di Susa sceglie la Tav: basta guerra

Il ribaltone: l'85% dei sindaci ora vuole la Torino-Lione. Estremisti sempre più isolati

Manifestazioni Sì Tav (ImagoEconomica)

Manifestazioni Sì Tav (ImagoEconomica)

Torino, 25 luglio 2019 - Questa è gente che sa fare a meno dei condizionatori, tanto l’estate non dura. Quando l’aria si stempera sullo scivolo del Moncenisio si esce a respirare, come al Sud. Con la stessa indolenza il profondo Nord della Valsusa, che alle elezioni ha buttato le braccia al collo a Salvini, cuoce a fiamma bassa e non pensa più alla sua epopea.

Alta velocità? Matilde Losito verifica l’apertura della farmacia di Condove e alza il ventaglio: "Che barba ’sta storia, a l’ha stufame". Stufa lei, come un po’ tutti. O piuttosto indifferenti. Eppure questo è stato il palcoscenico di un sogno e di un incubo. Da Avigliana a Mompantero qualcuno si era illuso che l’imbuto piemontese potesse diventare un megalite dell’insofferenza inamovibile come Stonehenge. Oggi il fronte istituzionale No Tav dei sindaci e dei leader storici ha preso definitivamente le distanze dalle falangi armate di razzi e petardi: non più di 200 persone nell’orbita autonoma dei centri sociali torinesi, che però per le azioni di sabotaggio possono contare sui rinforzi dall’esterno e continuano a fare paura. L’anno di svolta è stato il 2005. L’8 dicembre un corteo imponente andò a riconquistare il presidio No Tav di Venaus e dopo si aprì il tavolo di contrattazione con i sindaci che ha portato al cambio di percorso e al ridimensionamento delle proteste. Antonio Ferrentino, il guru delle comunità montane, la butta in percentuale: "Se prima di quella data l’80% della valle era No Tav, adesso quasi l’85% sta con le forze politiche che vogliono la Torino-Lione". Sono passati anni contraddittori, dalle bombe a quelle rompiscatole delle madamine torinesi. Finché una sera il governo ha dato il semaforo verde. A maggio la Lega aveva sbancato proprio qui, sul sacro terreno in cui i Cinquestelle scommettevano. Vinceva il Sì in maniera clamorosa a Chiomonte, dove c’è l’unico cantiere della nuova linea ferroviaria. E ancora più clamorosa a Susa era stata la sconfitta dell’ex sindaco No Tav Sandro Plano. Ferrentino fa i conti fra i 24 comuni della bassa valle: "Quattro sono dichiaratamente Sì Tav: Susa, Chiomonte, Borgone e Sant’Antonino. Sette o otto, come Caprie, Condove e Caselette, per quieto vivere tentennano. Restano le roccaforti di paesi come Bussoleno, Villarfocchiardo e San Didero, che del No hanno fatto una questione ideologica". Per gli altri la passione si è spenta. "La cosa incredibile – fa notare l’ex presidente della Comunità montana Bassa valle di Susa – è che a poche centinaia di metri si sta completando il raddoppio del tunnel autostradale e nessuno fiata. È la stessa montagna, ma solo quei due binari sono considerati peggio di dieci centrali nucleari". Conferma che la sua gente è oltre: "Quello che era possibile ottenere è stato ottenuto. Le persone di buonsenso pensano a come trasformare i fondi compensativi".

Buonsenso se Nilo Durbiano, ex sindaco di Venaus e memoria storica dei No Tav, definisce la decisione di Conte "un’istigazione alla violenza"? Se il leggendario Alberto Perino avverte che "qui la gente ora sarà più incazzata e i martiri possono essere molto pericolosi"? Anche se ieri ha smorzato: "Sarà una passeggiata tranquilla". A Venaus è in corso il festival dell’Alta Felicità con migliaia di No Tav in arrivo da tutta Italia, sabato è in programma una marcia al cantiere di Chiomonte.