Vaccino, non esiste il rischio zero. La filosofa: "La paura paralizza la nostra società"

Simona Morini, docente alla Iuav: "Impossibile avere certezze su tutto. Oggi servono avventurieri e coraggio"

Vaccinazione Covid, foto generica

Vaccinazione Covid, foto generica

"Sono molto arrabbiata".

Perché professoressa Morini?

"Perché non ha senso sospendere le vaccinazioni con AstraZeneca per 3 giorni creando un danno enorme e ritardando la campagna di vaccinazione con conseguenze disastrose".

Se volete misurare l’effetto della parola ’rischio’ chiedete a Simona Morini, insegnante di Teoria delle decisioni razionali e dei giochi e di Filosofia della scienza all’Università Iuav di Venezia, autrice del saggio ’Il rischio, da Pascal a Fukushima’ per Bollati Boringhieri. In pratica la maggiore esperta in Italia del concetto filosofico di rischio.

Hanno bloccato un vaccino di fronte a 30 casi tromboembolici su 5 milioni di vaccinati. Cosa ci è successo?

"Non siamo mai stati così garantiti e protetti come in questo momento storico ma abbiamo il triplo delle paure. C’è qualcosa che non va nella nostra cultura. Paghiamo l’analfabetismo di ritorno, il fatto che 6 persone su dieci oggi non capiscono cosa leggono".

E così non sappiamo gestire la paura dei rischi?

"L’Italia sconta una scarsa cultura scientifica e la scuola non insegna la statistica e la probabilità che consentirebbero di leggere e comprendere i dati".

E poi vorremmo eliminare ogni rischio.

"Siamo colpiti dai casi singoli più che dai casi generali, i 300 morti al giorno di Covid sono un rumore di fondo, mentre il singolo caso ha più salienza. Abbiamo paura della cose che pensiamo di non controllare e pretendiamo di avere certezze anche sulla malattia. Ma non è possibile avere certezze su tutto e sapere che cosa succederà fra una settimana. Il desiderio di certezza è il frutto dell’ignoranza, del non comprendere".

Anche nell’Italia di qualche anno fa non si comprendeva, eppure c’era meno paura.

"Sicuramente. Pensi a come veniva raccontata l’epidemia di influenza con i suoi morti negli anni Sessanta. Se si guardano i tg dell’epoca si ha la misura di come è cambiata la percezione del rischio. La gente accettava il fatto che una malattia fosse combattuta con i migliori mezzi disponibili ma senza terrore".

Era più accettata anche la possibilità della morte?

"C’era più fiducia nella spiegazione scientifica. E l’esperienza della morte era più familiare. Oggi tutti campano fino a 90 anni, l’idea di morire prima ci terrorizza. Si tengono in vita le persone a tutti i costi ma senza garantire una qualità della vita".

Perché siamo così preoccupati dei rischi?

"È un effetto secondario e perverso della cultura delle assicurazioni. Che sono importanti perché hanno consentito di ridurre i rischi, ma proprio per questo hanno disabituato le persone a rischiare".

I medici chiedono lo scudo penale per iniettare le dosi

"Un medico che si assicura contro l’eventualità di sbagliare è un medico pericoloso perché non si assume responsabilità. Assicurarsi vuol dire togliersi la responsabilità. Ed è anche la causa dell’immobilismo burocratico: non firmare per non prendersi la responsabilità".

Lei ha definito il rischio zero un’utopia deleteria. Vale anche per i vaccini?

"Pretendere il rischio zero in una vaccinazione è impossibile. Ogni individuo reagisce diversamente a un trattamento. È deleterio perché non accettando questa possibilità siamo meno preoccupati di 400 morti al giorno che di un possibile decesso per il vaccino. E così ritardiamo l’uscita dalla pandemia".

Perché in Gran Bretagna si va avanti con AstraZeneca senza timori dei rischi?

"La cultura del rischio fa parte della filosofia degli inglesi. Sono un’isola, il loro commercio è da sempre basato sulle esplorazioni, su imprese rischiose. E poi sono protestanti. Gli italiani, cattolici, tendono piuttosto ad avere una cultura più assistenzialsita e paternalista".

Di che abbiamo bisogno oggi?

"Servono avventurieri. È un momento di passaggio dove non possiamo fare previsioni, dove dobbiamo continuamente confrontarci con situazioni incerte. C’è bisogno di coraggiosi, non di paurosi. Di persone che amino rischiare. Certezze non ce ne sono. Ma ci sono opportunità" .

Lei si è vaccinata?

"Certo, così se mi ammalo di Covid non vado in ospedale. Meglio il vaccino AstraZeneca che finire intubata in ospedale".

Perché lei non ha paura del rischio...

"Perché conosco i fatti. Se si decide sulla base di emozioni e paure si sbaglia sempre".

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