Covid e quarta dose, i virologi: "Solo con nuovi vaccini. Richiamo ogni tre mesi è troppo"

Il professor Arnaldo Caruso, presidente della Siv-Isv: "Necessario aggiornare i sieri prima che le nuove varianti siano incontrollabili"

"Solitamente le vaccinazioni lasciano una memoria immunitaria lunga, ma con un virus così mutato l’antidoto – calibrato su ceppi precedenti – perde efficacia in fretta: è necessario sequenziare i patogeni in modo massiccio per aggiornare le fiale prima che le nuove varianti siano incontrollabili. Fare tre vaccinazioni all’anno non è sostenibile", a lanciare l’allarme è il professor Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv) e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili. Insomma, altroché difese immunitarie per 5-10 anni come prospettavano gli esperti.

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Professore, gli studi sulla terza dose che dati forniscono sulla durata dell’immunità? "C’è un po’ di caos scientifico, si sa veramente poco. I dati clinici dicono che l’efficacia c’è, molto sui giovani, meno su fragili e anziani. Ma tutto dipende dall’intensità della risposta immunitaria personale. La terza dose, in genere, comincia a perdere forza entro 4-6 mesi".

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Dato che alcuni Paesi procedono già con la quarta dose, è evidente che la terza non sarà definitiva. "Sì. Una quarta dose dello stesso vaccino, con Omicron molto mutata e che può mutare ancora, non è auspicabile. Serve, per il nuovo richiamo, tra 4-6 mesi un antidoto che sia confezionato anche sulla proteina variante di Omicron".

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Il virologo Abrignani parlò di uno scudo "per cinque o dieci anni con la terza dose". L’arrivo di Omicron ha cambiato le carte in tavola? "Di solito la vaccinazione lascia una memoria che dura anni. Il problema è che abbiamo un prodotto formulato su una sola proteina Spike della vecchia variante, mentre il virus è molto mutato. Gli anticorpi per contattare tutte le mutazioni devono essere tanti e molto attivi, ed ecco che parliamo della quarta dose. Senza un vaccino calibrato su tutte le varianti, siamo costretti a tante iniezioni. Ma ciò non può andare avanti all’infinito".

Ma se ora l’ondata in corso è dovuta alla variante Delta, e avendo l’80% della popolazione vaccinata con sieri calibrati su quel ceppo, perché tutti i parametri sanitari crescono? "In realtà la variante Omicron cresce molto nel nostro Paese, molto di più di quello che sappiamo: ci aspettiamo che diventi dominante e che la gravità dei casi cresca. Poi c’è il ruolo dei no vax che è determinante".

Con il richiamo siamo al 27% della popolazione coperta: un ritardo importante. Ora si anticipa la terza dose a 4 mesi per recuperare terreno? "Esatto. Ma nessuno immaginava che l’immunità dovesse essere così sostenuta per fornire protezione. Nonostante le reinfezioni da Omicron, i vaccini ci stanno salvando".

Fare una dose ogni quattro mesi, significa dover ricevere tre vaccini all’anno, più l’antinfluenzale. Sembra una situazione insostenibile, sia dal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista della fiducia delle persone alla scienza. "Non può diventare la norma, questa situazione deve essere emergenziale".

Si è parlato finora di un virus che tende a diventare endemico e dunque si arriverà a fare un vaccino all’anno. "Siamo lontani da questo, ma il rapido succedersi di varianti lascia aperta l’ipotesi endemica. Bisogna, però, scoprire sul nascere i nuovi ceppi con un sequenziamento mondiale, così da produrre subito vaccini aggiornati".

Come reagisce il corpo a un ‘bombardamento’ di vaccini? "Non voglio neanche immaginarlo. Non è sostenibile e neanche scientificamente giusto".

Finché i brevetti non verranno liberalizzati e le nazioni meno ricche avranno basse percentuali di immunizzati, siamo destinati a vedere comparire varianti su varianti? "Questo è il vero problema. Per uscire dalla pandemia bisognava vaccinare il mondo, ma non è possibile perché rincorriamo il virus. Dunque, non resta che immunizzare più gente possibile, mentre le infezioni proseguono ma con un virus che perde forza: fra anni e anni avremo una sorta di immunità di gregge mondiale".