Vaccino Covid, Galli: "Io voglio farlo subito. Medici no vax indegni"

L’infettivologo contro i camici bianchi riluttanti a sottoporsi alla profilassi "Dobbiamo estendere la protezione il prima possibile: non perdiamo tempo"

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"Non appena mi dicono che posso vaccinarmi lo faccio, se possibile il 27, primo giorno utile". Così Massimo Galli, direttore malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. "Nessun eroismo, è una scelta fatta con convinzione. E dovremo estendere la protezione al maggior numero di persone il più rapidamente possibile, così da tirarci fuori dai guai".

Bollettino Coronavirus del 23 dicembre

Professor Galli, perché ha usato parole di fuoco contro certi medici riluttanti, rare eccezioni, che fanno da sponda ai no-vax?

"Disapprovo chi ha la possibilità di proteggersi contro il Covid-19 e rema contro. Certi colleghi dovrebbero fare un passo indietro, cambiare mestiere. Chi svolge una professione sanitaria, chi ricopre un incarico di pubblico servizio, non può permettersi esitazioni sul vaccino. Non parlo di obblighi, ma deve prevalere il senso di responsabilità verso noi stessi e verso gli altri"

Mesi addietro lei negava che il virus si fosse indebolito. Ancora pessimista?

"Al contrario, al punto in cui siamo, con l’arrivo dei vaccini, dico che inizia la strada per mettere il virus all’angolo definitivamente. Però vede, i fatti mi danno ragione, occorre stare maledettamente attenti al rischio contagi, prova ne sia la variante inglese. Questo virus è bravo a cambiare le carte in tavola. Tuttavia mi auguro che a giugno si vedranno i primi risultati della campagna vaccinale, e che la circolazione del virus venga abbattuta".

In ospedale è sempre emergenza?

"Rispetto a quattro settimane fa vedo una serie di segnali positivi, anche se il problema di fondo rimane. Ecco il motivo per cui il governo deve mantenere restrizioni e cautele".

E sul ritorno a scuola dopo le feste?

"Auspico che la riapertura sia accompagnata da misure più sicure nei trasporti, per evitare sovraffollamenti. Suggerirei anche una articolazione diversa della frequenza scolastica, a scaglioni, sennò siamo punto e daccapo".

Lei ha esaminato il piano vaccini, tutto bene come dicono?

"Ho tenuto una relazione al congresso della Simit, la Società italiana malattie infettive, e al riguardo posso dire che restano un paio di punti interrogativi. Alludo a quei vaccini acquistati in quantità importanti, sui quali abbiamo scommesso, e che ora si presume arriveranno in ritardo rispetto al previsto. Altro discorso riguarda gli anziani e immunodepressi, dovremo capire meglio quale sarà il grado di protezione assicurata verso queste categorie a rischio. In termini generali sono però convinto che la strada intrapresa ci porterà all’eliminazione del virus".

Che cosa dice oggi alle istituzioni?

"Che in Italia siamo poco attrezzati, lottiamo con una scarsità di mezzi. In Gran Bretagna hanno ricevuto un finanziamento di 20 milioni di sterline per sostenere l’attività di un consorzio universitario che ha eseguito 50mila sequenze, grazie alle quali è stata scoperta la mutazione. Che dire? C’è un gap, un divario da colmare, forse anche a causa del sistema regionalizzato, ma non solo per questo. I talenti ci sono, gli ingegni non mancano, ma nel contesto europeo, in termini di risorse, ci sentiamo come una pulce in mezzo agli elefanti".