Vaccino Covid: AstraZeneca già in affanno, consegne ridotte. A rischio la campagna europea

Dopo i ritardi di Pfizer, il colosso britannico (in attesa dell’ok Ema) annuncia la riduzione delle dosi previste: da 100 a 30-40 milioni. L'Italia e il vaccino russo Sputnik

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Piove sul bagnato. Non bastavano i ritardi di Pfizer. Anche il vaccino di AstraZeneca – la cui approvazione da parte dell’Ema dovrebbe avvenire tra il 26 e il 29 gennaio – ha problemi. Le consegne iniziali del siero di AstraZeneca all’Ue saranno inferiori agli obiettivi prestabiliti a causa di un problema tecnico della produzione. Lo ha reso noto un portavoce dell’azienda farmaceutica.

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"I volumi iniziali – informa la multinazionale – saranno inferiori a quanto originariamente previsto a causa della riduzione dei rendimenti in un sito di produzione all’interno della nostra catena di fornitura europea. Forniremo decine di milioni di dosi a febbraio e marzo all’Ue, nel frattempo continueremo ad aumentare i volumi di produzione".

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Non si sa quanto dosi arriveranno e come. E ovviamente, dove. Ma secondo indiscrezioni si parla di un taglio del 60-70%: da 100 milioni a 30-40 milioni di dosi a livello europeo nel primo trimestre dell’anno. Nei contratti siglati dall’Unione Europea non sono state previste penali e quindi siamo nelle mani dei produttori. Per la campagna vaccinale è un disastro. La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno sugli uffici del commissario straordinario Covid Domenico Arcuri, che l’altro ieri aveva detto di attendere "una consegna di 8 milioni di dosi dell’AstraZeneca nel primo trimestre", ma aveva aggiunto "quante saranno e nei quali tempi lo scopriremo solo vivendo".

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La notizia del ritardo giunge dopo le pressioni di vari stati per far sì che l’Ema anticipi la decisione sull’approvazione del vaccino AstraZeneca, per ora fissata il 29. Danimarca, Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania hanno scritto all’Ue parlando di "situazione inaccettabile, che mina il processo di vaccinazione". Mentre il premier danese, Mette Frederiksen, ha anche chiesto di "valutare la possibilità di spedire le dosi del vaccino AstraZeneca prima ancora dell’autorizzazione dell’Ema, in modo da tagliare i tempi".

Ma il problema ora è averlo, quel vaccino. Da notare che da più fonti si sottolinea che fuori dall’Europa il vaccino AstraZeneca è stata pagato di più – ad esempio in Sudafrica 4,32 euro a fronte dei 2,16 del contratto europeo – e questo potrebbe portare l’azienda a favorire chi ha pagato un prezzo più alto.

La coperta è sempre più corta e così l’Ema sta prendendo in considerazione anche il vaccino russo Sputnik V del quale inizierà la rolling review (revisione continua) a febbraio, per arrivare a una decisione entro almeno due mesi. Chi non attende l’Ue è l’Ungheria, il cui ministro degli Esteri, Péter Szijjártó, ha annunciato che il suo Paese "ha concluso un accordo con la Russia per l’acquisto di grandi quantità di Sputnik V, il contratto è stato negoziato e firmato durante la notte". In realtà i numeri ungheresi sono piccoli: 2 milioni di dosi in tre tranche: 300mila nel primo mese, mezzo milione nel secondo e 200mila nel terzo.

Il segnale politico di sfiducia verso Bruxelles, non nuovo dall’Ungheria, è chiaro. Ma anche altri Paesi ci pensano. Tra questi l’Italia. "Certamente la situazione sui ritardi ci pone qualche preoccupazione – ha detto ieri il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa – . Se l’Ema ci assicura validità, efficacia e sicurezza, possiamo prendere anche lo Sputnik".

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