Vaccino Coronavirus, domande e risposte. A che punto è la sperimentazione

Si lavora su 320 prodotti. L’Italia punta sul Dna per prevenire l’infenzione. Pochi effetti collaterali

Coronavirus, analisi in laboratorio (Fotofiocchi)

Coronavirus, analisi in laboratorio (Fotofiocchi)

Roma, 9 settembre 2020 - A che punto è la sperimentazione sul vaccino del Coronavirus? Tra dubbi e speranze, sono 5, al momento, i farmaci testati sull'uomo. Di oggi la notizia che Astrazeneca ha fermato temporaneamente i test sul prototipo sviluppato in collaborazione con l'università di Oxford, a seguito della "reazione anomala" riscontrata in uno dei volontari.

Schede a cura di Alessandro Malpelo

Quanti sono i sieri in via di sviluppo?

"L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha contato 320 diversi vaccini in via di sviluppo nei laboratori di tutto il mondo, ma solo trenta hanno raggiunto lo step della sperimentazione clinica e cinque hanno cominciato la Fase 3 che ci dirà effettivamente l’efficacia sull’uomo". Rino Rappuoli, direttore scientifico e responsabile della attività di ricerca e sviluppo esterna di GlaxoSmithKline Vaccines di Siena fa il punto sulla corsa all’antidoto che dovrà proteggere la popolazione dal flagello Covid-19. "I risultati sui volontari che si stanno già sottoponendo alla campagna che arruolerà almeno trentamila persone sono attesi a novembre e a inizio 2021 sapremo se effettivamente funzionano". Sei sono le ‘cavie’ del vaccino italiano prodotto dalla ReiThera di Castel Romano all’Ospedale Borgo Roma di Verona. Si va da uno studente diciottenne a un medico di 54 anni, che seguono i quattro pionieri dello Spallanzani di Roma, i primi a provare sulla loro pelle l’efficacia del Grad-Cov2. "L’esordio fa ben sperare: le analisi fatte nei primi giorni ai soggetti vaccinati hanno evidenziato l’assenza pressoché totale di controindicazioni», ha dichiarato Stefano Milleri, direttore del Centro di ricerche cliniche del nosocomio veneto". 

Quale vaccino ha la tecnologia più avanzata?

"Il vaccino a Rna – spiega Rappuoli – si avvale di una tecnica avveniristica che in tempi normali si sarebbe sviluppata in dieci anni e invece ha ricevuto un’accelerazione forzata a causa della pandemia e a fine anno potrebbe già essere disponibile. Le prove cliniche 1 e 2 sono state promettenti ma serve cautela trattandosi di una sequenza di Rna sintetizzata in laboratorio e poi iniettata per indurre le cellule dell’organismo umano a produrre una proteina simile a quella del virus da combattere, moltiplicando gli anticorpi attivi e la risposta immunitaria".

La via italiana su quali principi si regge?

"Il prototipo sviluppato a Oxford affiancato dalla divisione Advent dell’italiana IRBM e già in sperimentazione sull’uomo, ma parimenti adottato anche da Russia e Cina, mira a prevenire l’infezione con un meccanismo che prevede l’introduzione di un frammento di Dna sintetizzato in laboratorio nel siero-vettore che a sua volta deve indurre la risposta immunitaria desiderata per rendere l’uomo inattaccabile da Sars-Cov2".

In cosa consiste il vaccino proteico?

"È quello più tradizionale che stiamo sviluppando noi in sinergia con Sanofi e che permette la produzione di grandi quantità di dosi. Utilizzando la sequenza Rna del virus, si sintetizzano proteine o frammenti di proteine della struttura che racchiude l’acido nucleico del virus. Poi le si arricchisce con un adiuvante che le rende più forti e le si inocula per scatenare la risposta anticorpale. È stato l’ultimo a raggiungere la fase clinica, entro cui è entrato nei giorni scorsi, ma adesso il cammino sarà accelerato dalla già cospicua esperienza accumulata negli anni". 

Quale metodo può battere la pandemia?

"Le opinioni divergono perché immaginare la produzione di 16 miliardi di dosi (sulla Terra siamo in otto miliardi ma per raggiungere l’effetto desiderato ne occorre un paio a testa) è utopistico. Quindi la realtà svilupperà un modello basato sulla priorità delle categorie a rischio come anziani e operatori sanitari, poi si cercherà di contenere l’espansione della malattia aumentando via via la percentuale degli immunizzati fino a raggiungere la capacità del ‘gregge’ di resistere all’attacco. La validazione avviene quando il cospicuo gruppo dei volontari coinvolti nella sperimentazione (almeno trentamila persone) risulterà ampiamente meno esposto all’infezione di un gruppo di pari entità che non sia stato invece trattato. Oltre al criterio dell’efficacia, la validazione poggia su quello della sicurezza, perchè non basta proteggerci ma anche non subire effetti collaterali dalla somministrazione. Finora le tre tipologie, le tre grandi famiglie di vaccini sotto esame stanno dando risultati abbastanza promettenti ma nessuno è mai stato sottoposto a prove su milioni di persone per cui la cautela è d’obbligo".