Vaccini in azienda, inizio in salita. Mancano le dosi e paga l’impresa

L’intesa con il governo c’è, ma prima di maggio le iniezioni sui luoghi di lavoro non cominceranno. Potranno aderire su base volontaria anche i lavoratori non dipendenti. Ecco come funziona il protocollo

Negli Stati Uniti le aziende vaccinano i propri dipendenti, anche sul posto di lavoro

Negli Stati Uniti le aziende vaccinano i propri dipendenti, anche sul posto di lavoro

Il vaccino a chi lavora. Dopo la firma del protocollo che consentirà alle aziende, probabilmente da maggio in poi (di certo, non prima), di vaccinare i propri dipendenti, adesso all’appello manca solo la materia prima: i vaccini.

Sulla carta, se le dosi fossero disponibili, le vaccinazioni aziendali potrebbero prendere il via già da subito, fatto salvo il supporto dei medici aziendali e della rete Inail, nonché la volontarietà espressa dei lavoratori interessati. È che – ammettono sia al ministero del Lavoro sia della Salute – fino a quando non verrà risolta la questione degli approvvigionamenti, tutto resterà nell’elenco delle buone intenzioni. Certo, il governo applaude, considerando l’accordo un’opportunità in più rispetto a quelle già presenti. Lo ha ribadito, proprio ieri mattina, il ministro Andrea Orlando: "Potranno partecipare dipendenti e datori di lavoro, ma anche i lavoratori che, in qualche modo, afferiscono all’azienda, come gli addetti in somministrazione. Quindi, non saranno solo i dipendenti in senso stretto". Sui tempi di partenza, ha però ammesso anche Orlando, la data certa è "legata all’arrivo delle dosi necessarie".

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Si tratta comunque di un altro canale di approvvigionamento, dedicato alle aziende, parallelo a quello tradizionale destinato agli ‘hub’ già in funzione dall’inizio della campagna vaccinale, un nuovo percorso "molto importante", anche secondo il ministro Speranza, "perché questa battaglia si vince solo tutti assieme".

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Ma come avverrà, nei fatti, la vaccinazione sul posto di lavoro? In base al protocollo, i datori di lavoro potranno, singolarmente o in forma aggregata, procedere alle inoculazioni anche indipendentemente dal numero di lavoratrici e lavoratori occupati, potendosi avvalere del supporto o del coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento. Tutti i datori di lavoro interessati potranno aderire alla campagna formulando propri piani di vaccinazione e quelli che non sono tenuti alla nomina del medico competente nelle proprie aziende o che non possano fare ricorso a strutture sanitarie private, potranno comunque avvalersi delle strutture sanitarie dell’Inail.

Particolare non trascurabile: i costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali di vaccinazione, inclusi i costi per la somministrazione, sono a carico del datore di lavoro. E, viste le rigide misure di sicurezza imposte dal protocollo, probabilmente le aziende più piccole rinunceranno, se non altro per mancanza di spazi adeguati. Invece, la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe, aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e dei supporti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite, è a carico dei Servizi sanitari regionali. Che dovranno, a loro volta, organizzarsi con un ’canale dedicato’ solo per gli approvvigionamenti destinati alle aziende.

Nel concreto: se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, stabilisce inoltre il protocollo, il tempo necessario è equiparato all’orario di lavoro. Nel testo si richiama anche il recente decreto Covid, con cui è stata esclusa espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari "per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino" (come gli choc anafilattico post inoculazione). Le imprese che già hanno aderito alla campagna sono 7.500, ha confermato ieri Confindustria, dicendosi pronta a "supportare la sfida". Anche le banche, ha fatto sapere l’Abi, potranno vaccinare i propri dipendenti quando le dosi di vaccino saranno disponibili. Plaude, infine, la Confapi per le piccole e medie imprese: "Non è stato semplice arrivare a questa firma condivisa – ha commentato – ma ha prevalso il senso di responsabilità".

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