Vaccinazioni al rallentatore, rischio ingorgo. L'imbarazzo del governo: bisogna accelerare

Tra una decina di giorni partono i richiami, ma le prime somministrazioni sono in ritardo. E i rinforzi medici arriveranno solo tra due settimane

Vaccinazioni Covid

Vaccinazioni Covid

Non c’è niente da fare, siamo in ritardo, inutile girarci attorno. Arranca la campagna vaccinale promossa dall’Italia, con tanto di primula glamour disegnata dall’archistar Stefano Boeri assunta a simbolo di una rinascita post-pandemica ancora lontana. I numeri dimostrano la falsa partenza: dal 27 dicembre scorso hanno varcato i confini nazionali 695.125 dosi del siero Pfizer-BioNTech, ma di queste ne sono state somministrate solo 307.182. Appena il 44,1%, che scende a 32,3%, se fossero approdate tutte le 949.700 fiale annunciate inizialmente. Eppure questa prima fase della campagna coinvolge il personale sanitario, quindi una platea di per sé più ’a portata di braccio’. Poco importa poi che in Europa ci sia anche chi fa peggio di noi, vedi la lumaca Paesi Bassi, partita solo ieri con le iniezioni.

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Appare così una chimera l’obiettivo dei 42 milioni d’immunizzati entro l’estate, promesso prima di Natale dal commissario all’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri, che ieri si è impegnato a garantire 6 milioni di ’coperti’ per la fine di marzo. Giriamo a una media di 70mila inoculazioni al giorno, quando va bene... Procedendo a questo ritmo a fine anno avranno ricevuto la prima dose 25,5 milioni d’italiani, ma, per essere immunizzati, servono due punture a distanza di venti giorni,  anche potendo avvalersi della profilassi di Moderna che ieri è stata autorizzata dall’Unione europea. Tra un paio di settimane inizieranno i richiami per i primi vaccinati e il rischio ingorgo con i ’novizi’ del vaccino si profila dietro l’angolo.

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Gli interrogativi

Come si spiega allora questo ritardo della campagna vaccinale? Si sono avute difficoltà iniziali nella conservazione del siero Pfizer (va tenuto a -80 gradi centrigradi), mancano i medici per le iniezioni, le ferie dei sanitari sono costate il siluramento dell’assessore gaffeur Gallera in Lombardia, senza tacere i problemi nell’approvigionamento delle siringhe giuste e le dosi di vaccino attese che non arrivano sempre puntuali. "Dobbiamo accelerare", detta la linea il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Caos forniture

Stando al contratto stipulato fra l’Europa e Pfizer-BioNTech, l’Italia riceverà nel complesso 26,9 milioni di dosi, di cui 8,7 nel primo trimestre. Ci spettano 470mila sieri a settimana, come puntualizzato dal sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa. Il 27 dicembre scorso sono approdati 9.700 vaccini a favore di telecamera per l’agognato V-day. Il primo lotto ’effettivo’ di sieri è stato consegnato in maniera sostanzialmente regolare, fatto salvo per alcuni mini ritardi al nord causati dalle nevicate. I problemi si stanno verificando con la seconda tornata settimanale di trasferimenti. Se la matematica non è un’opinione, avremmo dovuto avere in dotazione in queste ore 949.700 fiale in tutto. E, invece, solo ieri si è appreso che dei 470mila nuovi farmaci attesi ne sono finiti nei 293 hub di stoccaggio solo 215mila. Per oggi, a quanto si apprende, Pfizer avrebbe assicurato l’arrivo di altre 224mila dosi, sempre comprese in questo lotto.

Moderna non basta

L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha dato ieri l’autorizzazione alla somministrazione della profilassi di Moderna negli stati dell’Unione. Si tratta del secondo disco verde dell’Ema dopo quello acceso per Pfizer-BioNTech. Già dalla prossima settimana dovrebbero approdare le prime dosi. Complessivamente, entro i primi tre mesi dell’anno, giungeranno in Italia 1,3 milioni di sieri, con cadenza settimanale: 100mila a gennaio, 600mila a febbraio e 600mila a marzo. Insomma, non cifre iperboliche per incrementare in maniera considerevole l’armamentario di protezione contro il Coronavirus.

Lo stop ad Astrazeneca

La verità è che il governo ha puntato tutto (o quasi) sul vaccino Oxford AstraZeneca. Da gennaio a marzo, si prevedono 28,2 milioni di dosi disponibili: 8,7 milioni da Pfizer, 1,3 da Moderna, 2 da Curevac e 16,1 da AstraZeneca, appunto. Peccato che la profilassi non abbia ancora avuto l’ok dall’Ema. La situazione potrebbe sbloccarsi a febbraio, con un via libera condizionato ai soli under 55 in assenza di chiare evidenze di efficacia per i più anziani. Resta da capire a questo punto come mai la profilassi abbia incassato l’autorizzazione sia dal Regno Unito, sia dall’India. Sta di fatto che ad oggi l’impressione è che abbiamo puntato sul cavallo sbagliato.

Pochi sanitari

Il governo ha stanziato risorse per l’assunzione di 3mila medici e 12mila infermieri da impiegare nelle trincee delle vaccinazioni "Al momento ne abbiamo 2.850", ha chiarito l’ex ministro Carlo Calenda che ha puntato il dito contro il commissario straordinario, reo "di aver fatto il bando solo il 16 dicembre". Per metterci una toppa lo stesso Arcuri ieri ha comunicato che dal 20 gennaio invierà 1.500 operatori, tra medici e infermieri, a integrazione dei 3.500800 già attivi nelle singole regioni. Nessuna risposta dal commissario, invece, ai medici di base che si sono fatti avanti, a patto che siano loro garantiti i presidi di sicurezza. Rappresentano un esercito di 60mila convenzionati che, al ritmo di 20 vaccinati ciascuno ogni 24 ore, porterebbero a casa 1 milione di sieri somministrati al giorno. Solo le Regioni si sono rese disponibili per siglare un accordo quadro con i dottori di famiglia. Da Roma un silenzio assordante.