Utero in affitto: ecco perché nulla è risolto

Marina

Terragni

I francesi usano un’espressione precisa: fraude à la loi (frode alla legge). In sintesi: tu sai di commettere un reato ricorrendo a utero in affitto, pratica vietata in Italia e ovunque nel mondo tranne che in una ventina di Paesi su oltre 200. Stacchi il figlio dalla madre in cambio di soldi e dopo avergli procurato questo male assoluto, che segnerà tutta la sua vita, invochi che la legge cambi "per il bene del bambino". Chiedi cioè che per garantire "la continuità affettiva" il tuo-tua partner venga riconosciuto come genitore in assenza di legami biologici. Due recenti sentenze della Corte Costituzionale esaminano la questione, una con riferimento a una coppia di uomini, l’altra al caso di una donna che rivendica di essere riconosciuta come madre nonostante l’opposizione della sua ex-compagna, madre biologica di due gemelle, in questo caso via fecondazione assistita. La Consulta rinvia la palla al Parlamento. È "impellente" una legge che regoli la materia. "Non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore".

In verità la Cassazione a Sezioni Unite (21932019) aveva già indicato una strada di "bilanciamento" tra l’interesse del bambino e la ferma condanna della surrogata che (Corte Costituzionale) costituisce un "elevato grado di disvalore", "offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane": il "genitore intenzionale" acceda alla cosiddetta adozione in casi particolari. Oggi la Consulta rileva però che questo legame adottivo è troppo "debole" e la procedura troppo lenta.

Al legislatore non resta quindi che esaminare due soluzioni: il riconoscimento del genitore "intenzionale" già all’anagrafe, nell’atto di nascita; o una corsia adottiva preferenziale per gli "omogenitori". In entrambi i casi, la strada spianata per chi ha violato e continuerà a violare la legge.