Martedì 23 Aprile 2024

Uscire dall’isolamento è un’odissea "Giungla di regole, burocrazia folle"

Nuove norme, ma è una babele. L’Ordine dei medici: sblocco del Green pass automatico col tampone negativo

Migration

di Giulia Prosperetti

"La negatività del positivo è pari alla somma dei tamponi costruiti sull’ipocondria". La parodia dell’attore romano Giovanni Scifoni, che in un video diventato virale negli ultimi giorni racconta con ironia l’iter di una famiglia positiva al Covid, rende bene la confusione generata dalle regole sulla quarantena. Nuove norme pensate per semplificare, ma che nella pratica vedono sempre più persone intrappolate nelle maglie della burocrazia sanitaria. L’incremento di contagi determinato dal dilagare della variante Omicron – con ieri nel Paese oltre un milione e 100mila positivi e, secondo le stime, almeno 3 milioni di italiani in quarantena – sta, infatti, inceppando un sistema già di per sé complesso.

I problemi principali, in base alle testimonianze raccolte, si stanno verificando per quanti devono avviare la procedura per uscire dall’isolamento. Il decreto del 30 dicembre 2021 stabilisce che per i soggetti contagiati che abbiano precedentemente ricevuto la dose booster, o che abbiano completato il ciclo vaccinale da meno di 120 giorni, l’isolamento può essere ridotto da 10 a 7 giorni, purché i medesimi siano sempre stati asintomatici, o risultino asintomatici da almeno 3 giorni e alla condizione che, al termine di tale periodo, risulti eseguito un test molecolare o antigenico con risultato negativo. Per tutti gli altri rimane l’obbligo del tampone dopo 10 giorni. Sulla carta tutto chiaro ma i problemi, per molti, iniziano già dalla prenotazione del test. Con la certificazione verde divenuta ormai essenziale per svolgere qualsiasi attività, prenotare un test nelle strutture sanitarie o nelle farmacie per certificare la propria positività al Coronavirus è sempre più difficile. Ma in molti denunciano anche la difficoltà di uscire dall’isolamento. Il primo ostacolo è sempre la prenotazione dei tamponi che, a causa dell’affollamento delle strutture predisposte, viene spesso ritardata ben oltre il termine dei 7 o 10 giorni. Una volta in possesso dell’esito del test negativo bisogna, poi, attendere l’arrivo dell’agognato Green pass. E, qui, alla normativa del governo si somma la giungla di ordinanze regionali. In alcune regioni dopo il test prescritto dal medico di famiglia al drive in l’aggiornamento del certificato è automatico. In altre, è necessario attendere la convocazione per il tampone da parte dell’azienda sanitaria locale e, in seguito, la riattivazione del pass sospeso con un allungamento dei tempi. E se la convocazione non arriva e si decide di effettuare il tampone privatamente è necessario poi inviarlo autonomamente al medico di medicina generale o alla Asl di competenza che si occuperà dello sblocco del certificato sulla piattaforma nazionale con il rischio che, a causa del mancato aggiornamento delle procedure, il tampone antigenico non venga ancora accettato.

"Ogni Regione fa per sé, non ci sono indicazioni ministeriali o fattispecie previste dall’accordo collettivo nazionale per la gestione delle quarantene e degli isolamenti – spiega Filippo Anelli, presidente dell’Ordine nazionale dei medici (Fnomceo) –. Un milione di positivi non sono facili da gestire: laddove i medici di medicina generale sono presenti vi è ancora uno sbocco per l’uscita dall’isolamento, diversamente gli interlocutori sembrano scomparire". Per uscire dall’impasse Anelli sostiene il sistema del doppio automatismo (un tampone positivo sospende il certificato verde e un tampone negativo lo riattiva) attualmente allo studio da parte del governo. "Se questo avvenisse ci sarebbe uno sgravio notevole sul sistema sanitario territoriale e una certezza per i cittadini che ora hanno una serie di difficoltà oggettive nel farsi certificare la fine della malattia".