Mercoledì 24 Aprile 2024

"Usa schiavi del politically correct" In Texas nasce la contro Università

Un gruppo di prof sfida il pensiero unico: "La cancel culture è una condanna, torni la libertà di espressione"

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di Riccardo Jannello

C’è qualcosa di marcio in America, e le università soffrono di una malattia "difficile da guarire": non potere esprimere liberamente – da parte degli insegnanti – le proprie idee. Una dichiarazione di guerra che ha portato a una scissione: da una parte l’accademia "che non vuole risolvere da sola i propri problemi", dall’altra chi decide di farsene una propria, di accademie, nella quale eccella finalmente "l’intrepida ricerca della verità". È scontro totale sulla cancel culture di là dall’Oceano. Una serie di intellettuali che si considerano "streghe destinate al rogo del politically correct" ha deciso di aderire al progetto di una nuova università, quella di Austin (Texas, dove in quanto capitale dello Stato ha già sede il college di Stato), che dal prossimo anno avrà il suo programma, nel 2022-2023 i suoi primi corsi, nel 2024 i primi ‘graduate’, i laureati. A dirigerla sarà Pano Kanelos, pedagogista liberal, che negli ultimi quattro anni è stato presidente del St. John’s College di Annapolis, Maryland. È stato lui a pubblicare il manifesto della nuova istituzione al quale hanno già aderito numerosi intellettuali come, ad esempio, David Mamet, scrittore e drammaturgo premio Pulitzer, regista in odore di Oscar, che ha indagato profondamente il rapporto fra potere e natura umana e fra potere e giustizia in testi iconici come Il verdetto o Gli intoccabili.

Ma saranno le "streghe destinate al rogo" l’anima pulsante della University of Austin; hanno già aderito entusiasticamente al progetto tre grandi personaltà che hanno dovuto dimettersi dalle loro cattedre per rapporti non più teneri con studenti e rettore: Dorian Abbott, Kathleen Stock e Peter Boghossian, che hanno lasciato Chicago, Sussex e Portland sull’onda di polemiche derivate da studi sulla identità di genere, e si sa che quella sessuale è una materia molto sensibile per la società americana. Voci fuori del coro trattate, scrive Kanelos, "come criminali del pensiero. Ad Abbot hanno impedito di tenere una conferenza sul clima al Mit; Boghossian si è finalmente dimesso a settembre dopo anni di molestie da parte di docenti e amministratori; la Stock è stata minacciata per le sue ricerche su sesso e genere".

Le porte di Austin sono aperte anche a tutti gli altri docenti – 491 in venti anni, secondo Kanelos – che hanno ricevuto dalle rispettive università il disinvito a proseguire l’insegnamento, perché non più in linea con il pensiero comune dell’ateneo. Un po’ come nel giornalismo è capitato a Bari Weiss, che a trent’anni era una delle più importanti firme della politica sul New York Times e che a 36 si è licenziata perché non più soddisfatta della linea editoriale e ora insegnerà giornalismo ad Austin.

E per gli alunni le porte sono aperte a quel "62% degli studenti universitari che sostengono di essere impediti di dire le cose in cui credono visto il clima che si respira nei loro campus", afferma ancora Kanelos che scomoda Frederick Douglass, uno dei padri della storia americana che nella seconda metà dell’Ottocento sosteneva, lui afroamericano, la parità dei diritti di razza e genere: "Istruzione significa emancipazione. Significa luce e libertà. Significa l’elevazione dell’anima dell’uomo alla luce gloriosa della verità, la luce solo mediante la quale gli uomini possono essere liberi".

Una verità a senso unico? "I nostri background ed esperienze sono diversi; le nostre opinioni politiche differiscono. Ciò che ci unisce è un comune sgomento per lo stato dell’accademia moderna e il riconoscere che non possiamo più aspettare la cavalleria. E quindi dobbiamo essere noi stessi la cavalleria", dice un passo del documento fondativo, nel quale altresì si afferma di dover porre riparo "all’illiberalismo diventato una caratteristica pervasiva della vita del campus". In vista delle prossime elezioni di medio termine, Austin si pone come fucina del pensiero repubblicano. Uno scontro che è forse più politico che accademico.