Ursula sfida Orbán: via la legge omofoba

Ultimatum della presidente dell’Ue al premier ungherese: "L’Europa non tollererà misure discriminatorie". A rischio i 7 miliardi del Recovery

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di Elena Comelli

"Questa legge è vergognosa". La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non fa sconti sul tema dei diritti civili nell’Unione europea, dopo il caos generato dalla legge anti-Lgbt firmata dal governo ungherese di Viktor Orbán. E minaccia ripercussioni serie nei confronti dei Paesi membri che non rispettino i principi fondanti dell’Ue, in primis l’Ungheria, ma anche la Polonia.

"I capi di Stato e di governo hanno condotto una discussione molto personale ed emotiva sulla legge ungherese: l’omosessualità viene posta a livello della pornografia. Questa legge non serve alla protezione dei bambini, è un pretesto per discriminare", ha detto ieri la presidente della Commissione, intervenendo in plenaria al Parlamento europeo sulle conclusioni dell’ultimo Consiglio Ue. Von der Leyen non intende fare un passo indietro e lancia un ultimatum a Budapest: "Se l’Ungheria non aggiusterà il tiro, la Commissione userà i poteri a essa conferiti in qualità di garante dei trattati. Dobbiamo dirlo chiaramente, noi ricorriamo a questi poteri a prescindere dallo Stato membro. Dall’inizio del mio mandato abbiamo aperto circa 40 procedure di infrazione legate al rispetto dello Stato di diritto e se necessario ne apriremo altre".

Il muro contro muro pare inevitabile: Budapest "non ritirerà la legge, anzi, la difenderà con ogni mezzo legittimo – è la replica immediata della ministra ungherese della Giustizia, Judit Varga –. Siamo attaccati in modo brutale, trovo inaccettabile che il diritto europeo sia usato per battaglie ideologiche". Parole simili a quelle usate l’altro giorno da Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia che ha difeso Orbán.

Lo scontro si è fatto più pesante dopo che Bruxelles ha deciso di congelare lo stanziamento di 7,2 miliardi di euro del Recovery Fund all’Ungheria, perché il Paese non ha fornito sufficienti indicazioni sul loro utilizzo finale. Nella lista degli osservati speciali c’è anche la Polonia, con le sue "Lgbt free zone", aree delle città nelle quali è stato eliminato qualsiasi riferimento ai diritti Lgbt e all’interno delle quali, per una persona omosessuale, transessuale o bisessuale, è praticamente impossibile passare. "Non possiamo restare a guardare, non lasceremo mai che parte della nostra società sia stigmatizzata a causa di quello che pensa, dell’etnia, delle opinioni politiche, di orientamenti sessuali o credi religiosi", ha dichiarato la presidente della Commissione.