Costa Concordia, De Falco: "Urlai: salga a bordo, cazzo. Volevo salvare il capitano"

Il comadnate era nella Capitaneria di porto a Livorno la sera del disastro

Gregorio De Falco, classe 1965 (Ansa)

Gregorio De Falco, classe 1965 (Ansa)

"Quella frase, quell’ultima frase “Salga a bordo, cazzo“ racchiude il senso della pietas e dell’humanitas che devono essere in ogni comportamento. Era la sesta comunicazione che facevo, l’ultima". Il comandante Gregorio De Falco ripensa a quella notte del 13 gennaio 2012 quando la Costa Concordia naufragò all’isola del Giglio. Lui era in Capitaneria di porto a Livorno, dall’altra parte c’era il capitano di mare Francesco Schettino.

Comandante De Falco, che sentimento prova verso Schettino?

"Non c’è stato mai niente di personale. In quella circostanza si sono incontrate due funzioni: quella del comandante e quella che svolgevo io, ovvero il responsabile del soccorso in Capitaneria. Mi chiede se io abbia mai provato pietà nei confronti di Schettino? La pietas è in quell’ultima telefonata, “Torni a bordo cazzo“, la sesta comunicazione. Avevo capito che avevano minimizzato e ritardato la dichiarazione di nave in pericolo. La tragedia nasce lì, si persero 45-50 minuti preziosi. Nell’ultima frase, quando gli intimo (a Schettino, ndr) di tornare a bordo, c’era la certezza che si sarebbe potuto salvare qualcuno compreso il comandante nella sua funzione di comando. Recesso attivo, ammettere un errore è un comportamento responsabile che lo avrebbe, forse, riabilitato".

Dieci anni fa quella maledetta tragedia: ancora oggi sembra ci siano dettagli importanti da chiarire. Che ne pensa?

"Non credo ci siano dettagli da chiarire. Forse ci sono dettagli non noti, ma non sono rilevanti per comprendere come sia andata la vicenda che ha causato 32 vittime. La rotta delle indagini è stata corretta, dall’inizio alla Cassazione".

Lei cercò di far risalire a bordo di quello che era ormai un relitto il comandante, già a terra malgrado tanti passeggeri e marittimi fossero ancora sulla nave. Il processo le ha dato ragione, ma le Capitanerie non gradirono…

"Non era un relitto. Era una nave, a quel momento c’era tutti i servizi di bordo. Non è vero che le capitanerie non gradirono, anzi. L’operazione fu encomiata in tutto il mondo".

Da ufficiale della Guardia Costiera fu critico su alcuni temi della sicurezza di bordo e sulla pratica dei famosi “inchini” delle navi sottocosta.

"L’inchino non esiste. La nave non ha una distanza dalla costa dove navigare. Il comandante deve valutare le condizioni della nave e metterla sempre al riparo. Al comandante è dato un obiettivo: navigare in sicurezza".