Giovedì 25 Aprile 2024

Uomini di chiesa con libertà di parola

Giovanni

Panettiere

è chi li vorrebbe chiusi nei palazzi episcopali. Se non sotto chiave, almeno a meditare sulla passione, la morte e la resurrezione. A volare alto, insomma, senza invischiarsi nelle faccende dei cittadini.

A quelle dovrebbero pensarci altri, dal governo ai sindaci. E solo loro. Così è come vorrebbero i difensori di una rigida laicità che rischia di tracimare nel laicismo, ai quali tolgono il sonno da decenni (se non secoli) quei vescovi che non ne vogliono sapere di mordersi la lingua sui problemi delle città dove sono chiamati a portare la Parola di Dio. L’ultimo in ordine di tempo è stato ieri uno degli ausiliari di Roma, Benoni Ambarus, che, in vista del Giubileo del 2025, ha incalzato le istituzioni capitoline sulla spazzatura, i roghi, i cinghiali che si abbeverano alle fontane. Roba che "i romani veramente fanno un corso di sopravvivenza quotidiana".

Colorato il presule, più felpato l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, che, un paio di anni fa, se la prese con la prima voce di bilancio della culla del Rinascimento: il turismo. Quello di massa che rischia di "ridurre a vetrina la città". Apriti cielo, non lo avesse mai detto. Andò peggio, però, ai progressisti Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, pastori di Milano: furono più volte ’scomunicati’ dalla Lega per la loro sensibilità verso gli islamici e i rom. Nella rossa Bologna Giacomo Biffi vide ’anestetizzata’, ossia derubricata a battuta di spirito, la sua "Emilia sazia e disperata". D’interventi simili se ne potrebbero citare altri, ma è giusto che i vescovi mettano becco nella vita cittadina? Potrà non piacere quello che dicono, ci si potrà anche indignare se e quando entrano nella stanza dei bottoni per decidere tempi e modi di leggi e ordinanze, ma, come insegna il Vaticano II, la Chiesa è e deve essere partecipe delle gioie e delle sofferenze degli uomini. Anche perché, se papa Leone Magno non fosse intervenuto a fermare lui Attila, la Città eterna sarebbe finita in mano agli unni. Altroché i cinghiali.