Martedì 15 Luglio 2025
BOLOGNA
Cronaca

Uno Bianca, inchiesta bis. Caccia ai complici della banda: "Fate luce sui nomi cancellati"

Le famiglie delle vittime chiedono alla Procura di chiarire punti rimasti oscuri. Sotto la lente i registri dell’armeria teatro della strage del 1991 a Bologna. Alcune righe furono sbianchettate. Il sospetto: si coprirono nomi ’scomodi’.

Fabio Savi ’il lungo’ della banda e, dietro, il fratello Roberto

Fabio Savi ’il lungo’ della banda e, dietro, il fratello Roberto

di Nicoletta Tempera

Cosa c’era scritto sotto le ‘sbianchettature’ dei registri dell’armeria di via Volturno? Quali nomi erano stati così maldestramente coperti? E da chi? Sono alcuni dei punti oscuri, un mistero lungo trentaquattro anni, su cui i famigliari delle vittime della banda della Uno Bianca hanno chiesto agli inquirenti di fare luce, nell’ambito dell’inchiesta bis sulla banda dei fratelli Savi. Una macchia di bianco tirata su un nome. Che per i firmatari dell’esposto, presentato in Procura attraverso gli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser, potrebbe essere quello del secondo uomo che, quella mattina del 2 maggio del 1991, entrò assieme a Roberto Savi all’interno dell’armeria di via Volturno, freddando Pietro Capolungo e Licia Ansaloni. Per gli inquirenti di allora, quell’uomo era Fabio Savi. Per i famigliari delle vittime, per i primi testimoni che aiutarono gli investigatori a stilare i due identikit, non somiglia affatto al ‘Lungo’. E il mistero del bianchetto su alcuni nomi presenti nel registro, alimenterebbe questo sospetto: non è plausibile, infatti, che quelle cancellature fossero già presenti sui registri al momento del sequestro, visto che questi ultimi erano sottoposti mensilmente al vaglio della Questura. Per i famigliari delle vittime, qualcuno ha cancellato successivamente dei nomi ‘scomodi’, che comparivano al fianco di quelli dei fratelli Savi e dell’ex carabiniere Domenico Macauda, il cui nome torna ancora, legato alla strage dei carabinieri di Castelmaggiore, Cataldo Stasi e Umberto Erriu. Un complesso intreccio, su cui ora dovranno essere Ris e Ros a fare luce.

Nei giorni scorsi, i legali dell’associazione hanno partecipato a Parma ad accertamenti irripetibili su alcuni corpi di reato e a una serie di perizie grafologiche. All’attenzione degli specialisti dell’Arma ci sono campioni di Dna prelevati su corpi di reato solo adesso analizzabili, impronte, tracce ematiche, vestiti e bossoli. "Oggi ci sono strumenti per analizzare quello che trent’anni fa è stato lasciato indietro – ha detto Ludovico Mitilini, fratello del carabiniere Mauro ucciso nella strage del Pilastro –. Come associazione siamo uniti più che mai per arrivare alla verità. Tutta, anche quella ancora non emersa, che abbiamo chiesto di investigare, in 250 pagine di esposto, dove siamo convinti ci siano notizie degne di rilievo su cui adesso le indagini si stanno concentrando".

Due i filoni su cui i pm Lucia Russo e Andrea De Feis stanno lavorando - ancora, a quanto si apprende, senza indagati -: il primo, già avviato nel 2022, tende ad approfondire la già citata ‘vicenda Macauda’; il secondo, aperto nel 2024, verte invece su un’altra pista. "So per certo che da questa storia germinerà un verminaio – il commento dell’avvocato Gamberini –. Noi abbiamo in mente dei nomi, sta poi agli inquirenti ricostruire, 30 anni dopo, eventuali ruoli e responsabilità".