Mercoledì 24 Aprile 2024

Un’altra stagione

Migration

Viviana

Ponchia

Abbiamo tutti la nostra Africa e per qualcuno è l’estate. La stagione in cui una larga maggioranza si presume felice termina come per i meteorologi il primo settembre, il vero capodanno dell’anima, che gli irriducibili per consolarsi chiamano 32 agosto. In realtà vacilla molto prima perché è un vecchio vizio del genere umano anticipare la sofferenza senza volerlo, finendo per soffrire due volte e anche di più. Quando Isabella Ferrari in Sapore di mare si infila il golfino, ecco, lì finisce l’estate. Ma c’è chi si porta talmente avanti da avere presagi di angoscia già il 22 giugno, quando le giornate tornano ad accorciarsi, e al primo temporale va in depressione. Non importa se è stato come rimanere chiusi in un bagno turco per tre mesi.

Anche quest’anno c’è in giro gente che non vuole saperne di scivolare dentro le braccia fresche dell’autunno e mentre sbiadisce ne fa una questione personale, trascurando l’enorme vantaggio di potere finalmente percorrere una strada al sole senza liquefarsi. Amore, giovinezza, estate (che non a caso vengono incautamente imparentati) non possono essere dati e tolti a capriccio. Non si può reggere più di tanto la ruota del rimpianto (Ah no? Si chiama vita). Virginia Woolf scriveva che tornare a casa da una vacanza è la più maledetta delle cose: "Mai mi sono sentita così senza scopo, così depressa. Non riesco a leggere, scrivere, pensare. Non c’è crescendo, qui: non c’è culmine. Comodità, sì: ma il caffè non è buono come mi aspettavo".

Dopo l’estate bisogna fare molte lavatrici e lasciare perdere le domande sul caffè e il senso dell’esistere. Mettersi in un angolo a covare motivi per tirare avanti. Ci vuole dignità. Se sopravvalutiamo questi giorni di luce, e continuiamo a illuderci, accettiamo di pagarne le conseguenze senza fare troppe storie. Ne verrà un’altra ancora, saremo punto e a capo. Sì, dice, ma stavolta è peggio: stanno proiettando il trailer dei prossimi mesi e sembra un film dell’orrore.

Allora chiariamo: l’estate non deve farci da balia o da antidepressivo, non è il nostro ciuccio. E non sarà il caso di farne una santa quando ci saranno zero gradi e avremo i termosifoni spenti. Consapevole di farmi dei nemici, confesso: io la odio. Sto con Eugenio Montale che la vedeva "nevrotica di falsi miraggi e lunazioni di malaugurio", una palude afosa in cui affondare. Per cui prendo il golfino, l’ombrello e sul caffè chiedo al barista.