Una speranza di pace. Il passo di Biden e Macron: "Conferenza il 13 a Parigi"

Vertice Usa-Francia, primo spiraglio dall’inizio del conflitto. Washington: incontro con lo zar. Putin messo all’angolo. Poche ore prima Michel (Ue) parla con Xi. E anche la Cina spinge per fermare la crisi

Macron e Putin

Macron e Putin

Il presidente Macron, in visita a Washington annuncia una Conferenza di pace a Parigi il prossimo 13 dicembre. Il numero uno della Casa Bianca, Joe Biden, replica dicendo di essere pronto a parlare con lo ‘zar’ del Cremlino, Vladimir Putin, "se mostra segnali di voler cessare la guerra", pur precisando che "finora non lo ha fatto". Teoricamente è un passo avanti, una luce in fondo al tunnel. In pratica è un accerchiamento diplomatico di Mosca, che continua a dirsi disponibile al dialogo, ma nello stesso tempo, non ha smesso di bombardare a tappeto l’Ucraina e, secondo molti, sta tirando la corda per guadagnare tempo e cercare di raggiungere condizioni di mediazione a lei favorevoli.

Il problema è che la comunità internazionale è stanca di questo temporeggiamento e stavolta sembra proprio arrivato il momento del pragmatismo, favorito dal fatto che le coordinate della tessitura delle relazioni internazionali sono disposte nell’ordine giusto. Mentre Macron era in visita a Washington, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, si trovava a Pechino, ospite del cinese Xi Jinping. Li dividevano ore di fuso orario, ma il messaggio è lo stesso: è venuto il momento di accelerare una soluzione politica. Xi lo ha detto chiaramente "evitare l’escalation e l’espansione della crisi, insistere nel persuadere alla pace e nel promuovere colloqui è nel migliore interesse dell’Europa e di tutti i Paesi dell’Eurasia".

Quindi anche della Cina, al momento in difficoltà anche a causa del Covid 19, che dopo quasi tre anni tiene ancora in scacco il Paese e ha evitato accuratamente di farsi coinvolgere in una crisi internazionale senza ritorno. Solo pochi giorni fa, proprio Macron aveva esortato Pechino a giocare un ruolo più attivo nella costruzione della pace. Che, nelle parole del Presidente francese ieri sera, deve essere "duratura e giusta" e "non può essere imposta agli ucraini".

L’alternativa è la guerra a oltranza, con Francia e Stati Uniti che si dicono disposte a sostenere Kiev "finché necessario" e che parlano di un presidente Zelensky pronto al negoziato. Il numero uno di Kiev dovrà mandare giù il fatto che alla guida della Russia ci sia ancora Vladimir Putin. Il prezzo da pagare per Mosca rischia di essere molto più salato. Sarà per questo che ieri, il ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov, ieri ha aperto a una possibilità di mediazione, ponendo però tutta una serie di condizioni. A iniziare da chi questi negoziati li dovrebbe condurre.

Si tratta, niente meno, di John Kerry, politico democratico di lungo corso e attuale inviato per il clima del presidente Biden. Per Lavrov, rappresenta il candidato ideale per almeno due motivi. Il primo è che i due si conoscono da anni, ossia da quando Kerry ha ricoperto la carica di Segretario di Stato Usa durante il secondo mandato di Barack Obama, dal 2013 al 2017. In secondo luogo, Kerry è sicuramente più morbido e meno ‘falco’ di altri nomi dell’amministrazione Biden, per cominciare l’attuale Segretario di Stato, Antony Blinken. Se proprio si deve trattare, insomma, facciamolo con il meno cattivo. "Con lui ci sarebbe un dialogo vero" ha affermato Lavrov, ricordando che l’obiettivo dei negoziati non è sopprimere il nemico, ma arrivare a un compromesso.

Mosca teme l’umiliazione, come chi sa che ormai la guerra è persa, e cerca di correre ai ripari, sapendo che il margine di manovra è sempre più scarso. Putin è perfettamente conscio della situazione. La situazione economica si sta deteriorando, la popolazione crede sempre meno alla propaganda e secondo un sondaggio il 57% è a favore dei negoziati. Alla fine, è tempo di chiuderla anche per loro.