Razzante*
Come tutte le rivoluzioni epocali quella dell’Intelligenza Artificiale (IA) è accompagnata da giustificati entusiasmi e fondati timori. C’è grande fiducia nella possibilità che questa nuova frontiera dell’innovazione tecnologica accresca il benessere collettivo e funga da moltiplicatore delle risorse materiali e immateriali,
ma esistono diffuse preoccupazioni per il suo impatto sugli equilibri sociali, sulle economie e sul mondo del lavoro, oltre che sullo sviluppo degli individui.
L’Europa sta dimostrando da anni una spiccata sensibilità verso il tema. Ne evidenzia
le gigantesche potenzialità espansive e le innumerevoli declinazioni pratiche,
sottolineando altresì l’esigenza inderogabile di disciplinarne gli aspetti più critici e controversi. L’IA va governata affinchè non sfugga di mano la sua carica dirompente e si possano
incanalare i suoi innegabili vantaggi nel solco virtuoso della crescita della persona,
delle società e degli Stati.
Proprio nei giorni scorsi l’Unione europea ha lanciato l’allarme fake news prodotte
dagli algoritmi di Intelligenza Artificiale, con riferimento alle elezioni del giugno 2024
per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. Quel voto potrebbe essere a rischio
manipolazione a causa della disinformazione generata dall’IA, che è in grado di
replicare immagini di personaggi famosi estremamente realistiche e anche di simulare la loro voce, attribuendo ad esempio messaggi falsi a un candidato. Dagli assistenti virtuali alle piattaforme social, dai veicoli a guida autonoma alle telecamere di sicurezza e ai termostati regolabili sono tanti ormai gli ambiti di applicazione dell’IA, il che rende non più rinviabile l’approvazione dell’AI
Act, il Regolamento Ue destinato a preservare in primo luogo la creatività dell’apporto umano nella realizzazione delle opere creative in tutti gli ambiti, e dunque la trasparenza delle fonti e l’affidabilità degli algoritmi.
*Docente di diritto dell’informazione
all’Università Cattolica
di Milano