Venerdì 19 Aprile 2024

Una questione di sicurezza nazionale

Cesare

De Carlo

Giulio Cesare raccoglieva monete. Clausewitz uniformi. Churchill libri. Anche i grandi e potenti erano dei collezionisti. Anzi lo sono ancora in America. Ieri Joe Biden è finito nei guai per avere conservato in casa e in un garage documenti classificati, vale a dire segreti. Merrick Garland, un democratico da lui nominato Attorney General, ministro della Giustizia, non ha potuto non aprire un’inchiesta. Se non l’avesse fatto si sarebbe esposto all’accusa dei due pesi e due misure. Lo scorso novembre ordinò un’irruzione notturna nella villa di Donald Trump in Florida e fece sequestrare fascicoli secret e top secret che non sarebbero dovuti finire in un’abitazione privata, ma ai National Archives. Dunque nomina uno "special counsel", un magistrato indipendente con il compito di valutare se Trump vada perseguito penalmente. La detenzione di quel materiale raffigura un reato se crea rischi per la sicurezza della nazione. Questo rischio era presente anche nel caso di Hillary Clinton: note di politica estera nella sua e-mail privata. Ma Obama chiuse gli occhi. Non può chiuderli invece Garland. Ha nominato un secondo special counsel. E se questi dovesse formulare ipotesi di reato, anche Biden – come Trump – sarebbe sottoposto all’impeachment. Alla Camera i repubblicani hanno la maggioranza. Ma tutto si fermerebbe lì. L’impeachment equivale allo stato di accusa. La condanna formale spetta invece al Senato a maggioranza di due terzi. Biden tuttavia appare molto esposto. Non tanto per la sua reazione svampita ("Sì, quella roba era in garage, ma era chiuso a chiave"), quanto per una seconda spada di Damocle. Il figlio Hunter rischia un’indagine giudiziaria per tangenti con la Cina comunista. Il padre presidente e prima vicepresidente non ne sapeva nulla? La sua rielezione appare sempre più problematica.