Giovedì 25 Aprile 2024

Una donna premier Meloni, svolta storica Oggi il giuramento

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di Antonella Coppari

"Si chiude un cerchio", dice Giorgia Meloni. E si chiude prestissimo, tanto da stupire anche su al Colle, dove pure si sentiva l’urgenza del nuovo governo. La prima premier donna in Italia riceve l’incarico dal capo dello Stato e, contestualmente, presenta la lista dei suoi ministri, 24 tra cui sei signore. Acceleratore a tavoletta: stamattina alle dieci il giuramento, domani la campanella, ovvero lo scambio di consegne con Draghi, e il primo consiglio dei Ministri. Poi a rotta di collo verso la fiducia martedì e mercoledì. Certo, rischia di pagare a caro prezzo il desiderio di tagliare presto il traguardo. Ben nove sono i senatori che si porta in squadra. Scelta che si spiega con la necessità di blindarsi con i fedelissimi. Ma la risicata maggioranza a Palazzo Madama si assottiglia ulteriormente. Da mettere nel conto, anche Ignazio La Russa che, come presidente, non vota. E Berlusconi sulla cui presenza non si può fare affidamento.

Per trovare la quadra nei tempi fulminei che si era prefissata e per garantirsi un solido comando nell’esecutivo, la neo-premier ha dovuto rinunciare alla folta pattuglia di tecnici. Gli ultimi ritocchi li ha apportati in un’ora di colloquio con Mattarella ma non su sua richiesta. I ministeri chiave (Interno, Esteri, Difesa, Economia ) li aveva già concordati con il Quirinale nei giorni scorsi. La scelta di modificare in extremis alcune caselle, pur sapendo che avrebbe irritato gli alleati, è stata della Meloni. Di quale spostamenti si tratta? Certamente la cancellazione del nome di Lupi dal ministero per i Rapporti con il Parlamento affidato al fedelissimo Ciriani. I moderati fanno finta di niente ma l’hanno presa malissimo. Poi la creazione del ministero delle politiche del mare e del Sud che manda su tutte le furie Salvini che si sente scippato da una postazione chiave: i porti. Si affretta a chiarire che "le deleghe di Musumeci non assorbiranno alcuna competenza attualmente in capo alle Infrastrutture".

Ma certo immaginare un ministero delle politiche per il mare che non si occupa di porti è surreale. Il guaio più grosso è l’inversione di due dicasteri destinati a Forza Italia. Nella lista del mattino il ministero più importante, quello dell’Energia, spettava al ’tajaneo’ Pichetto Fratin, la Pubblica amministrazione al ronzulliano Zangrillo. La premier sposta le caselle, forse per dare un contentino a Berlusconi – che sente in mattinata – senza pagare troppo dazio dal momento che sull’Energia avrà voce in capitolo soprattutto il ministro uscente e futuro consigliere Cingolani. Il gioco però rinfocola le tensioni nel partito azzurro, dilaniato dalla guerra civile. Passa neanche un’ora e un goffo comunicato ripristina la divisione originaria. E poco male se il povero Pichetto si era detto "onorato" per la delega alla P.A.. Secondo la versione che fa filtrare Forza Italia sarebbe stato proprio Zangrillo a chiedere di tornare alla P.A. con una telefonata al Cavaliere: "Per occuparmi di Ambiente e transizione energetica non sono competente". È probabile che le cose siano state ben più tese, come dimostra la nomina all’Università saltata di Saccani Jotti.

Tra i fedelissimi è rimasto fuori un po’ a sorpresa, solo l’alter ego di Giorgia: Giovanbattista Fazzolari. C’è chi dice che sarà il nuovo presidente dei senatori, ma non è escluso che rientri a Palazzo Chigi con una delega fondamentale come quella ai servizi segreti. In questo modo però il Senato resterebbe ancora più sguarnito e con un Berlusconi che si finge conciliante, ma non ha perdonato la raffica di ’no’ che ha affossato tutte le sue richieste, il guaio potrebbe rivelarsi grosso. Anche perché non si sa quanto a lungo potrà contare sull’asse con Salvini la premier. Non moltissimo. Almeno stando allo sguardo di sufficienza che si sono scambiati, incuranti delle telecamere, lui e Berlusconi mentre lei annunciava di essere stata indicata da loro come capo del Governo.

Al posto di Fazzolari è rientrato in campo dopo dieci anni di assenza dalla politica, Alfredo Mantovano, nella postazione chiave di sottosegretario alla presidenza. Sul piano dell’efficienza e della capacità è un acquisto prezioso. Ma è anche l’ex esponente di An più vicino all’integralismo cattolico, messo in un governo che, per molti versi e sin dalla scelta di modificare i nomi di alcuni ministeri – dalla Famiglia e natalità all’ Istruzione e merito – ricorda il modello polacco. E del resto, sul fronte internazionale proprio l’Europa dell’est con la Polonia in testa e gli Stati Uniti sono l’ombrello su cui conta una premier che continua a essere guardata con sospetto dai grandi paesi dell’Europa occidentale, a partire dalla Germania e dalla Francia.