Mercoledì 24 Aprile 2024

Un Nobel all’anti Putin. E lo zar si complimenta

Il riconoscimento per la Pace al giornalista russo di opposizione Dmitry Muratov e alla sua collega filippina Maria Ressa

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di Riccardo Jannello

La prima dichiarazione è simile dai due lati del mondo: "Dedichiamo il premio ai nostri colleghi che hanno pagato con la vita il loro impegno di raccontare la verità". Sono i giornalisti Maria Ressa, 58 anni appena compiuti, filippina di nascita ma cittadina statunitense, e Dmitry Andreyevich Muratov, 60 il 30 ottobre, russo, i due vincitori del premio Nobel per la Pace 2021. L’ha comunicato l’Accademia di Svezia che ha sottolineato nella motivazione come sia importante il loro impegno per "salvaguardare la libertà di parola, una condizione fondamentale per la democrazia e la pace". Nel comunicare l’assegnazione del premio – l’ultimo giornalista che lo aveva ricevuto era stato il tedesco Carl von Ossietzky nel 1935 - la presidente del Comitato, Berit Reiss-Andersen, ha spiegato che i due "rappresentano tutti i colleghi che si impegnano per questo ideale in un mondo che pone condizioni sempre più avverse alla democrazia e alla libertà di stampa". La Ressa ha fatto della battaglia contro il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, la sua missione: ha denunciato la corruzione e il potere "populista e autoritario" che ha portato a farsi giustizia con mezzi extralegali dei mercanti di droga con esecuzioni vere e proprie in nome della difesa dell’ordine pubblico. Con il sito Rappler, di cui è stata cofondatrice dieci anni fa, la Ressa – che porta il cognome italiano del secondo marito di sua madre – ha sempre lottato per "difendere la verità. Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere di giornalisti, eppure – dichiarò nel 2019 al New York Times - ho subìto undici processi nell’ultimo anno e mezzo. Ho dovuto pagare una cauzione otto volte in tre mesi. Sono stata arrestata due volte e detenuta una volta". Il premio servirà "a continuare la nostra battaglia". Da Manila nessun commento - "non saranno contenti, ma noi continuiamo a investigare" -, ma chissà che la decisione di Duterte di non ripresentarsi alle elezioni del 2022 non derivi proprio dalle rivelazioni di Maria. Ha invece ricevuto il plauso non proprio atteso delle autorità di Mosca l’altro premiato. Muratov è tornato a dirigere nel 2019 la Novaja Gazeta, giornale che ha pagato un tributo di sangue senza precedenti pur di dare "un’informazione onesta" ai russi. Sei suoi giornalisti sono stati uccisi, fra cui tre donne: Anna Politkovskaya nel 2006, Anastasia Baburova e Natalia Esterimova nel 2009. Ricordandoli, Muratov ha dichiarato "di condividere con loro il premio".

Non certo tenero con Putin, il cui operato è sotto il tiro dei giornalisti della Novaya Gazeta, Muratov ha dedicato il riconoscimento "alla persona che più di tutti ne doveva essere insignito", vale a dire il primo oppositore del Cremlino, Aleksej Navalny. Nonostante questo, il governo russo ha elogiato "la professionalità e i meriti" di Muratov, segnalando quanto il premio "dia molta visibilità al suo lavoro e onori la Russia intera". Che cosa accadrà da qui al 10 dicembre, quando il premio sarà consegnato nella cerimonia di Oslo che tornerà in presenza, lo vedremo. Il premiato ha già detto che non si tirerà indietro nel continuare il suo giornalismo d’inchiesta, il Cremlino per ora sembra avere indossato un guanto di velluto.