Giovedì 25 Aprile 2024

Un gelido saluto I fiori poi l’inchino Putin e quei gesti di circostanza

Lo zar davanti al feretro del papà della perestrojka

di Roberto

Giardina

Una foto, due tempi della nostra storia, divisi da una generazione. Vladimir Putin a 70 anni rende omaggio a Mikhail Gorbaciov, scomparso a 91, nella sala dell´Ospedale centrale di Mosca, gelida nella sua semplicità. Molti erano convinti che non sarebbe venuto, dopo le parole pronunciate alla sua morte. Di circostanza, senza commozione. Un grande uomo e un politico ingenuo che si lasciò giocare dagli occidentali.

Putin ha in mano un mazzo di rose scarlatte, simbolo di fede politica, non solo di passione e d´amore. Tiene la testa bassa, come se non volesse vedere il corpo nella bara. Invece, osservando bene, di sottecchi, Putin rivolge lo sguardo all´uomo che pose fine alla guerra fredda, alla divisione, e provocò la scomparsa dell´Unione Sovietica, dell´impero che ora vuole restaurare, non quello di Stalin, ma la Russia dello Zar.

Gorbaciov criticò il successore, un despota, che all´inizio agì bene, poi fu preso dal delirio di onnipotenza. Ma non condannò l´occupazione della Crimea, che per entrambi i protagonisti della foto appartiene da sempre alla grande patria russa. Gorbaciov era figlio di contadini, nato in campagna, a Oriente, sulle propaggini del Caucaso, aveva 14 anni quando l´Armata Rossa conquistò la capitale del III Reich.

Putin è figlio di un operaio in una fabbrica di vagoni, è nato in piena guerra fredda, a ovest, in città, a Leningrado, oggi tornata San Pietroburgo. Sono diversi, entrambi russi nel profondo del cuore. E il Putin ritratto davanti alla bara forse pensa anche a se stesso: alla sua fine, prima o poi.