Un errore adombrare complotti

Raffaele

Marmo

Alla fine è stata ritirata la tentazione di ricorrere al fantasma del complotto dei poteri forti o quasi. E verrebbe da dire: buon segno, è andata bene. Perché, a un tratto, in una giornata nervosa che, forse, segna un inizio, anche naturale, di stanchezza del governo Meloni, si è intravisto il classico riflesso pavloviano del centro-destra o della destra: quello di vedere oscuri giochi di palazzo alla prima o seconda critica. Il fatto è semplice: da Bankitalia è arrivata una sorta di censura sulla riduzione della soglia dell’obbligo per l’utilizzo del Pos, come ipotizzata dal governo nella legge di Bilancio. La stessa premier non più tardi di due giorni fa si è rimessa alla valutazione di Bruxelles per una misura controversa. Eppure, quello che poteva e, doveva, passare come un giudizio "tecnico", autorevole, ma pur sempre opinabile, è diventato, agli occhi di qualche stretto collaboratore della premier, la "prova" di non si sa quali collegamenti, connessioni e interessi tra Via Nazionale e le banche. Non solo. Il presunto attacco politico-finanziario è stato collocato dentro un più ampio disegno che vede insieme Confindustria e sindacati in un’operazione di destabilizzazione dell’esecutivo.

Alt. Fermi tutti, hanno fatto sapere provvidenzialmente da Palazzo Chigi. Giorgia Meloni ha fermato la macchina che scambia critiche per complotti. E ha fatto bene. Perché è del tutto evidente che sul Pos come sul tetto al contante si possono avere opinioni e analisi largamente divergenti. Ma proprio per questo vale la pena tenere distinte la sfera tecnica e quella politica. A istituzioni come la Banca d’Italia spetta la funzione di fornire valutazioni indipendenti e scevre da criteri di parte, perché fondate principalmente sui numeri. Alla politica compete decidere sulla base di criteri che possono essere, per definizione, anche di parte. E come tali discutibili.