Ieri Mario Draghi ha passato, novello Cincinnato, una giornata in famiglia, cioè in Umbria, nella sua casa di Città della Pieve. Di mattina ha portato il cane a farsi una passeggiatina, poi è rientrato nella sua abitazione di campagna. La moglie, Serenella in tarda mattinata è stata vista fare spesa in un supermercato del borgo umbro. Una giornata, e una domenica, “normale“, come tante, per riposarsi un po’ dagli impegni di governo. Peccato che coincida con la vigilia della prima votazione per il nuovo presidente della Repubblica. Il silenzio del premier perdura, ed è così fitto, che – a ieri sera – non era neppure dato sapere se Draghi resterà in Umbria anche oggi o se farà ritorno a Roma, come è più probabile. Il problema non è solo capire se Draghi si candida o meno, al Colle, ma anche cosa accadrebbe al governo che dovrebbe sostituirlo. Problemi di rango costituzionale (l’interim del ministro più anziano) e, soprattutto, di tipo politico. I partiti e i leader non sono d’accordo su chi eleggere al Quirinale, figurarsi sul tanto ventilato patto di legislatura che dovrebbe garantire il governo. E, nonostante FI e Lega dicano che deve stare a palazzo Chigi, la sua resta una candidatura forte. Ma, come ha ben argomentato Matteo Renzi, pesce pilota utilissimo a decrittare che cosa succede, "al Quirinale non si va contro i partiti". "Penso che la candidatura di Draghi – aggiunge il leader di Iv – possa stare in piedi solo che abbia questo elemento politico. Al Quirinale ci vai soltanto con un’iniziativa politica". Tradotto, significa che le forze politiche dovrebbero trovare una intesa ampia, tanto da comprendere un accordo sulla natura del futuro governo, cioè quello che manca. In ogni caso, con i partiti ancora nel pieno dell’impasse, i primi tre scrutini saranno inutili e anche ...
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