Giovedì 25 Aprile 2024

Un altro al Colle? Draghi, ipotesi dimissioni

Domenica in Umbria per il premier. In caso di sconfitta, la tentazione di non continuare l’esperienza di governo: non mi sentirei garantito

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Ieri Mario Draghi ha passato, novello Cincinnato, una giornata in famiglia, cioè in Umbria, nella sua casa di Città della Pieve. Di mattina ha portato il cane a farsi una passeggiatina, poi è rientrato nella sua abitazione di campagna. La moglie, Serenella in tarda mattinata è stata vista fare spesa in un supermercato del borgo umbro. Una giornata, e una domenica, “normale“, come tante, per riposarsi un po’ dagli impegni di governo. Peccato che coincida con la vigilia della prima votazione per il nuovo presidente della Repubblica. Il silenzio del premier perdura, ed è così fitto, che – a ieri sera – non era neppure dato sapere se Draghi resterà in Umbria anche oggi o se farà ritorno a Roma, come è più probabile.

Il problema non è solo capire se Draghi si candida o meno, al Colle, ma anche cosa accadrebbe al governo che dovrebbe sostituirlo. Problemi di rango costituzionale (l’interim del ministro più anziano) e, soprattutto, di tipo politico. I partiti e i leader non sono d’accordo su chi eleggere al Quirinale, figurarsi sul tanto ventilato patto di legislatura che dovrebbe garantire il governo.

E, nonostante FI e Lega dicano che deve stare a palazzo Chigi, la sua resta una candidatura forte. Ma, come ha ben argomentato Matteo Renzi, pesce pilota utilissimo a decrittare che cosa succede, "al Quirinale non si va contro i partiti". "Penso che la candidatura di Draghi – aggiunge il leader di Iv – possa stare in piedi solo che abbia questo elemento politico. Al Quirinale ci vai soltanto con un’iniziativa politica". Tradotto, significa che le forze politiche dovrebbero trovare una intesa ampia, tanto da comprendere un accordo sulla natura del futuro governo, cioè quello che manca.

In ogni caso, con i partiti ancora nel pieno dell’impasse, i primi tre scrutini saranno inutili e anche Draghi, che non parla con i leader, si prepara a ‘uscire’ dal IV scrutinio in poi, quando basta avere la maggioranza assoluta (505 voti).

L’impressione è che Draghi voglia diventare presidente della Repubblica senza dover dire grazie a nessuno, centrodestra e centrosinistra. L’altra impressione è, però, che a Draghi si arriva solo se ci si incarta su tutti gli altri nomi e, dunque, si finisce a Draghi per “disperazione“.

"Se Salvini non vuole Casini, allora si andrà su Draghi" ragiona un esponente centrista, anche se Salvini dice che "toglierlo da Chigi è pericoloso". Il Movimento 5 stelle resta diviso tra chi ritiene necessario che Draghi resti a palazzo Chigi e chi, invece, pensa che occorra salvaguardare il Paese, anche a costo di mandarlo al Colle. Non solo Luigi Di Maio, e tutti i suoi (60 Grandi elettori circa su 230) vedrebbero bene questa strada, ma anche Beppe Grillo, pur lontano da tutti i giochi e preso dalle sue grane giudiziarie, si sentirebbe più ‘rassicurato’ dall’ascesa di Draghi al Quirinale.

Da Enrico Letta, invece, arriva una dichiarazione da Giano bifronte: "Siamo tutti consapevoli del ruolo fondamentale che Draghi sta svolgendo, in Italia, in Europa e nel mondo, è importantissimo", parole che dicono tutto e niente, tranne il solito refrain: Draghi va comunque “salvaguardato“.

Infine, gira la voce di una sorta di pressione, poco in stile con l’uomo: se non sarò io, non mi sentirei garantito da nessun altro Presidente della Repubblica, tranne Mattarella. Il che vorrebbe dire dimissioni vere e ritorno stabile in Umbria. Le elezioni politiche, a quel punto, sarebbero praticamente inevitabili, senza Draghi né al Colle né a Chigi. Che è anche un modo come un altro per dire ai peones: è senza di me al Colle che rischiate la legislatura finisca, ergo eleggetemi.

Ettore Maria Colombo