Ultimo volo, l’Italia ha lasciato Kabul Draghi lavora per l’intesa del G20

Evacuazione completata. A bordo del C-130 anche il giovane console che ha tentato di salvare gli afghani

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di Antonella Coppari

L’evacuazione italiana è completata. "È partito l’ultimo C130", annuncia alle 15 del pomeriggio il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che stamani accoglierà a Ciampino l’aereo e i suoi passeggeri. A bordo ci sono 58 profughi, il console Tommaso Claudi, l’ambasciatore Stefano Pontecorvo assieme ai carabinieri del Tuscania. "Abbiamo evacuato in soli 14 giorni, in condizioni difficili, 4890 cittadini afghani, tra cui molte donne e bambini – dice il generale Luciano Portolano, alla guida dell’operazione Aquila Omnia – Abbiamo fatto il massimo".

Mentre con l’ultimo volo si conclude la missione, a Roma ne inizia un’altra, giocata sui tavoli della diplomazia. Draghi vuole accelerare: la strage all’aeroporto ha dimostrato quanto la situazione sia drammatica ed esposta a esiti imprevedibili. Lui si muove nella direzione fissata, quella di raggiungere un accordo internazionale per affidare a un G20 straordinario la gestione della crisi, ma sapendo che tutto potrebbe evolversi in ogni direzione da un momento all’altro. Il doppio incontro con il ministro degli esteri Sergej Lavrov ha fatto toccare con mano sia al presidente del consiglio che a Di Maio quanto sia complicata la strada per arrivare a quel foro da cui dovrebbe scaturire una risposta condivisa delle potenze maggiori. Sensazione che la telefonata dello stesso Draghi con il premier indiano, Narendra Modi è riuscita a dissipare: "Abbiamo parlato della necessità di una risposta coordinata", il suo tweet. Indipendentemente, cioè dal format.

Tanto la Russia quanto l’India si dicono disponibili al G20: "A differenza del formato del G7, il G20 è una piattaforma che riflette la realtà multipolare del nostro mondo", osserva Lavrov. Le buone intenzioni non bastano: "Le nostre priorità sono diverse – continua il ministro russo – ci invitano a unire i nostri sforzi, ma vogliamo capire quale ruolo possiamo giocare secondo i partner. Deve essere chiaro però che le soluzioni congiunte non sono semplici". In attesa dei colloqui con Cina e Turchia – assicurano fonti del governo che sono imminenti – a fronte dell’entusiasmo dei Paesi dell’Unione europea, c’è da fare i conti con un Joe Biden cauto (cui Sergio Mattarella ieri ha espresso il "cordoglio" per i morti nell’attentato), che non vuole correre il rischio di finire nel fuoco incrociato di Mosca e Cina. E con la tiepida reazione del premier britannico Johnson.

Si vedrà. Naturalmente, primo obiettivo del G20 è evitare che l’Afghanistan diventi una base del terrorismo internazionale: è su questo fronte che l’attacco di Daesh e la “guerra civile“ tra gli integralisti talebani e gli integralisti dell’Isis potrebbe cambiare le carte in tavola. Il secondo problema riguarda i collaboratori afghani rimasti a Kabul. Senza un accordo internazionale, non limitato ai paesi del G20 ma che includa Pakistan e Iran, come sottolinea Lavrov, sarebbe impossibile. Il tempo stringe: l’accordo va definito prima del 20 settembre, quando si riunirà l’assemblea straordinaria dell’Onu. Il terzo capitolo è lo stato della democrazia in Afghanistan. Qui, oltre alla pressione economica è decisiva quella politica. Ma a valle c’è un nodo irrisolto: l’accoglienza. Sempre che la situazione non precipiti, nel giro di poche settimane bisognerà definire dove i “corridoi umanitari“, che nel piano della Farnesina vanno organizzati nei paesi confinanti con l’Afghanistan, andranno a sboccare.