Ucraina, voglia di normalità: si gioca a calcio sotto le bombe

Ripartito il campionato, tra stadi senza pubblico e spogliatoi bunker. Sfide anche vicino al fronte

FSC Mariupol (Ansa)

FSC Mariupol (Ansa)

Cercasi un gol disperatamente. Un gol contro la guerra. Un gol contro la paura. Un gol come urlo di libertà. Nel silenzio di stadi rigorosamente deserti. Ma stavolta non per colpa della pandemia. Cercasi un gol disperatamente. Può sembrare strano, ma in Ucraina riprende il campionato di calcio. Sedici squadre nella massima serie. Quasi tutte giocheranno a Kiev oppure a Leopoli, in zone non platealmente esposte ai bombardamenti russi. Ma i campi verdi saranno protetti da sistemi difensivi anti missile. E gli spogliatoi saranno trasformati in bunker, in caso di necessità.

Davvero, che fantastica storia è la vita, come canta Antonello Venditti. Anche quando fa schifo, anche quando sei costretto ad arrenderti alla evidenza: alla corsa allo scudetto ucraino doveva partecipare pure il club di Mariupol, però la città è stata rasa al suolo dall’esercito di Putin e ormai lo Zar del Cremlino la considera parte integrante della Santa (si fa per dire) Madre Russia. Adesso un avviso al lettore: prima di considerare questa una storia pazza, un attimo di pazienza, please. Perché qualcosa del genere è già accaduto. Dove? Ma in Italia, sissignore!

Oggi l'Ucraina festeggia l'indipendenza dall'Urss

Il precedente

Autunno del 1943. Il fascismo è caduto ma al Nord i nazisti hanno rimesso in sella il Duce. Contando meno del due di coppe quando è briscola bastoni, Benito Mussolini si occupa comunque di cose minori. Sposta da Roma a Venezia la sede del comitato olimpico e ordina che venga allestito un campionato di calcio sotto le insegne della Repubblica di Salò. La guerra civile infuria ma le partite, in qualche modo, si giocano lo stesso. Gironi su basi regionali e finale tra i migliori.

I campioni

Non se lo ricorda quasi nessuno, ma quello strano scudetto della Alta Italia fu vinto dai bravissimi calciatori dello Spezia. Era la squadra dei Vigili del Fuoco locali. Batterono anche ciò che restava del Grande Torino, perché in quel caos, tra bombe e rastrellamenti, importante era salvare la pelle, mica far gol. Tornata la pace nel Bel Paese, il mezzo scudetto spezzino fu cancellato d’imperio. Ma in tempi recenti, nel 2002, la Federazione Italiana Gioco Calcio ha accordato un riconoscimento simbolico a quei Vigili del Fuoco. Che furono bravi e coraggiosi. In campo e fuori.

Un po' di Italia

E a proposito, ancora, di accostamenti: lo Shaktar, la compagine più forte del paese anche se da otto anni non può giocare in casa a Donetsk, fino al giorno dell’attacco era allenata dal nostro Roberto De Zerbi, già mister del Sassuolo. E a Kiev gli arbitri sono stati formati e istruiti da Nicola Rizzoli, il fischietto emiliano che diresse la finale mondiale del 2014 tra la Germania di Neuer e l’Argentina di Messi.

Ai tempi dell'Urss

Infine. Infine, c’è qualcosa di ulteriormente simbolico, in un campionato che ricomincia nel cuore di una devastazione infinita. Quando c’era l’Unione Sovietica, tanto rimpianta da Putin, la Dinamo Kiev era un fiore all’occhiello del regime moscovita. I calciatori ucraini erano i più bravi. Lobanowski, l’allenatore della Dinamo Kiev, negli anni Settanta e Ottanta contribuì come pochi alla modernizzazione del calcio. Un suo allievo, Oleg Blokhin, era un attaccante straordinario e vinse nel 1975 il Pallone d’Oro, dopo Cruyff e prima di Beckenbauer. Un altro, Ivan Belanov, ottenne lo stesso riconoscimento nel 1986 e oggi sta al fronte. Pare che Zelensky, il presidente in maglietta, faccia il tifo per il Kryvbas, la società del suo paese, meno di un’ora di macchina dalle trincee del fiume Dnipro. È tutto assurdo, sul serio. Eppure, a ben vedere, anche cercare un gol disperatamente un senso dovrà pur averlo.