Roma, 21 maggio 2025 – La tela vaticana per l’Ucraina è chiamata a mostrare la sua stoffa preziosa: se anche utile e robusta, lo si vedrà. “Gli uomini non chiudano alla pace”, è il monito-preghiera di Leone XIV.
L’accorato invito del Papa (valido anche per Gaza) affronta ore cruciali. Perché un conto è offrire ai belligeranti la sponda “neutrale” della Santa Sede, un conto è riportare le controparti al tavolo inaugurato la scorsa settimana a Istanbul dopo tre anni senza rapporti diretti e precedenti esplorazioni in Arabia a tavoli separati. Gli ultimi segnali non depongono per un’accelerazione delle intese.

Peskov: “Nessuna decisione sulla sede dei negoziati"
Rilanciato dall’ossequiosa deferenza di Donald Trump nella telefonata di lunedì, Vladimir Putin appare più che mai sfidante nelle parole e negli atteggiamenti. Martedì la visita alle truppe russe nel Kursk riconquistato (resa nota, per motivi di sicurezza, solo dopo il ritorno a Mosca). Ieri pensieri a ruota libera affidati al portavoce Dmitry Peskov: “Finora non è stata presa alcuna decisione sulla sede dove si terranno ulteriori negoziati. “Naturalmente, come da tradizione, accogliamo con favore la prontezza e gli sforzi di tutti quei Paesi che vogliono contribuire a una rapida soluzione”, continua Peskov. “Compreso il Vaticano” che tuttavia “non ha ancora” presentato proposte (è la sottolineatura ingenerosa).
Patriarca Kirill: "Pronti a dialogare col Vaticano”
Più costruttiva appare la posizione del Patriarca Kirill. Pur legato a doppio filo con il Cremlino, il primate dell’ortodossia russa dichiara: “Siamo pronti a sviluppare ulteriormente il dialogo con il Vaticano” e tra i temi che mette in evidenza c’è anche “il mantenimento della pace”. Ma secondo Stefan Kornelius, portavoce del cancelliere tedesco Fredrich Merz, eventuali negoziati russo-ucraini in Vaticano richiederebbero una “preparazione molto intensa” della quale non si scorgono tracce evidenti nonostante la professionalità che la Santa Sede potrebbe far scendere in campo: dal segretario di Stato Pietro Parolin, al precedente inviato in Russia e Ucraina cardinale Matteo Zuppi (specialista in questioni umanitarie), fino all’arcivescovo Paul Richard Gallagher (delegato ai rapporti con gli Stati).
La posizione Usa
In Vaticano “hanno profondamente a cuore la pace nel mondo e ciò che sta accadendo in Russia e Ucraina”, riconosce in un’intervista al New York Times il vicepresidente americano JD Vance, fresco di colloquio con Leone XIV.
Trump? “Il mio capo ha un istinto umano superiore”. Però il problema sono proprio i suoi tentennamenti. “Questa non è la mia guerra”, è il mantra del leader americano. Così gli indizi di un sostanziale abbandono della causa ucraina aumentano. Secondo la testata Politico, al G7 delle Finanze, in Canada, gli Stati Uniti si starebbero infatti opponendo sia a prevedere “ulteriore sostegno” all’Ucraina, sia a considerare “illegale” l’invasione russa. E di altre sanzioni a Mosca neanche a parlarne, nonostante il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov accusi i leader Ue (“Emmanuel Macron, Keir Strarmer, Ursula von der Leyen”) di “chiedere istericamente che gli Stati Uniti si uniscano ad azioni anti-russe”.
L’Europa si muove da sola
La Ue si muove da sola. Dopo il 17° pacchetto di sanzioni, ora prepara il 18° che scatterà se la Russia non aderisse al cessate il fuoco. Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è “fondamentale” che il nuovo pacchetto “sia ancora più forte”. I suggerimenti anti Mosca sono questi: “Settore energetico, settore bancario e flotta ombra. Non solo le navi, ma anche gli equipaggi che le gestiscono”, questi i dettagli anticipati nella telefonata con il presidente del Consiglio d’Europa, Antonio Costa. Zelensky sente anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, per il ricorrente obiettivo di “una pace giusta e duratura”.
Le condizioni del Cremlino
Il Cremlino reitera la sua strategia dilatoria annunciando che, come concordato a Istanbul, presenterà all’Ucraina la sua “lista di condizioni per il cessate il fuoco”. Saranno le solite: l’acquisizione integrale delle quattro regioni contese (Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia), seppur conquistate militarmente solo in parte; il riconoscimento dell’annessione della Crimea del 2014; un’Ucraina lontana da ogni tentazione occidentale e ridotta a fantoccio di Mosca. Condizioni inaccettabili.
Ottimista il nunzio vaticano a Kiev
Il Nunzio vaticano a Kiev, monsignor Visvaldas Kulbokas, mette in guardia gli ottimisti della pace: “Riporre speranze dove non ci sono basi logiche può essere controproducente”. E non c’è molto da “sperare” nell’avvio in tempi brevi di un negoziato tra l’Ucraina e la Russia anche “qualora la Russia accettasse l’idea della Santa Sede”. Veri passi avanti al momento non emergono e soprattutto – dicono fonti informate del dossier – “non risultano contatti diretti che lascino presagire sviluppi immediati”.
.